
La Conferenza dei Rabbini Europei ha lanciato un appello alle autorità polacche per chiedere l’immediata sospensione di un progetto edilizio previsto nel Parco Górki Czechowskie a Lublino, in Polonia. L’appello fa seguito alla scoperta che il sito ospita una fossa comune dove si stima siano stati uccisi circa 880 ebrei durante la Shoah.
La lettera, indirizzata agli attuali e precedenti presidenti della Polonia, ai funzionari municipali di Lublino, ai Rabbini Capo d’Israele e al Ministero degli Esteri israeliano, esorta a riconoscere ufficialmente il sito come cimitero ebraico – condizione che ne impedirebbe ogni ulteriore sviluppo edilizio.
L’area in questione, un tempo terreno d’addestramento militare, è stata trasferita al comune con l’intento di costruire un complesso residenziale di fascia alta composto da ville, 110 unità abitative, un parco giochi e un centro commerciale. Tuttavia, approfondite ricerche storiche, testimonianze oculari, documenti ufficiali e ritrovamenti archeologici hanno identificato il sito come luogo di esecuzioni naziste avvenute tra il 26 e il 28 marzo del 1942. Ulteriori prove suggeriscono che il sito contenga anche vittime dell’epoca comunista.
L’area in questione, un tempo terreno d’addestramento militare, è stata trasferita al comune con l’intento di costruire un complesso residenziale di fascia alta composto da ville, 110 unità abitative, un parco giochi e un centro commerciale. Tuttavia, approfondite ricerche storiche, testimonianze oculari, documenti ufficiali e ritrovamenti archeologici hanno identificato il sito come luogo di esecuzioni naziste avvenute tra il 26 e il 28 marzo del 1942. Ulteriori prove suggeriscono che il sito contenga anche vittime dell’epoca comunista. Ciononostante, l’Istituto Polacco della Memoria Nazionale (IPN) ha recentemente riesumato circa 60 resti umani, affermando che appartengono a cittadini polacchi non ebrei – una dichiarazione che, secondo i critici, mira a giustificare la rimozione dei resti e a permettere la prosecuzione dei lavori.
Guidata dai Rabbini Menachem Margolin e Aryeh Goldberg, con il supporto di attivisti come Meir Bulka dell’organizzazione J-NERATIONS, la Conferenza chiede che vengano effettuati test del DNA per identificare le vittime, sulla base di forti prove storiche che le indicano come di religione ebraica. Una fonte chiave è la testimonianza di Shimon Tierstein, testimone diretto del massacro.
Gli attivisti sostengono che le autorità polacche stiano evitando di effettuare i test del DNA per timore che la conferma dell’identità ebraica delle vittime obbligherebbe a riconoscere legalmente il sito come cimitero ebraico – bloccando così definitivamente il progetto. “Non è la prima volta che viene trovata una fossa comune ebraica in Polonia” ha dichiarato Bulka. “Ma questa è una delle più grandi e le autorità non stanno facendo abbastanza per preservare il sito né per onorare la memoria dei defunti”.
Nel 2020, i lavori di costruzione erano stati brevemente sospesi a seguito delle pressioni di gruppi ambientalisti e per la tutela del patrimonio storico, ma il comune ha da allora riavviato il progetto. Ulteriori prove – come riprese televisive d’archivio e immagini aeree – continuano a confermare la presenza di fosse comuni. Nonostante ciò, la costruzione è ripresa. Frammenti ossei ritrovati durante i lavori sarebbero stati inviati per analisi forense, ma i risultati non sono ancora stati resi noti.