Skip to main content

Ultimo numero Maggio – Giugno 2025

Scarica il Lunario

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Il lato oscuro della nuova teologia

    “L’israelismo” e quella pericolosa accusa agli ebrei di essere nazione

    Il deterioramento dei rapporti ebraico-cristiani è uno degli effetti negativi collaterali del conflitto iniziato il 7 ottobre 2023. In gran parte si è trattato di questioni politiche, differenti visioni sul conflitto, giudizi severi e mancanza di empatia. Ma la teologia non è rimasta estranea a questo processo e sono stati segnalati fenomeni regressivi, ritorno a vecchi schemi di contrapposizione. Su una scena già preoccupante è comparso ora un ulteriore affondo, a firma del teologo Vito Mancuso nella Stampa del 13 luglio. Partendo da una critica severa nei confronti di un ministro di Israele, cosa certamente legittima, il teologo si è spinto in un’analisi tanto affrettata quanto sconcertante della natura stessa dell’ebraismo e della Bibbia. Il teologo ha scoperto che l’ebraismo non è solo una religione ma anche una nazione. Cosa a tutti ben nota, peraltro. Solo che per il teologo la religione ebraica contiene degli elementi assolutamente positivi (quelli ripresi da Gesù), laddove la nazione è di per sé negativa. La parte nazionale dell’ebraismo, che con un suo neologismo chiama “israelismo”, è presente nella Bibbia e ne inquina il linguaggio umanitario religioso, chiamando a massacri e distruzioni, come il terribile capitolo 7 del Deuteronomio.

    Dunque, l’ebraismo, per il teologo, nel momento in cui è nazione è malato, e questo spiega bene gli eventi attuali e le posizioni di alcuni ministri israeliani che alla Bibbia si richiamano.
    Prima di spiegare perché questa analisi sia essa stessa malata e sconcertante, va messa in evidenza la catena logica e dottrinale che la precede e la ispira. Il cristianesimo fin dall’inizio ha avuto un rapporto ambiguo con le sue origini ebraiche, da una parte rivendicandole come annuncio e realizzazione delle promesse bibliche, dall’altro cercando di stabilire una distanza sempre più profonda. La Bibbia ebraica (l’Antico Testamento) serve ad annunciare e confermare l’evento messianico, ma la sua parte normativa, la “Legge”, è negativa, fonte di peccato, e va eliminata; gli ebrei che seguono la legge biblica sono legalisti e ipocriti, e ciechi perché non vedono la realizzazione delle sue promesse. La Chiesa a questo punto è il Vero Israele, mentre quello antico, che si ostina a non credere, ha perso la sua dignità. Il Dio della Bibbia ebraica, come teorizzava Marcione, è quello della giustizia, della vendetta e della guerra; il Dio del cristianesimo è amore, perdono e pace. Ci sono voluti sessant’anni di faticoso dialogo per purificare il pensiero cristiano da queste teorie di contrapposizione che per secoli, in nome del Dio dell’amore, hanno seminato odio e persecuzioni. Ma ora c’è Mancuso e si ricomincia. Se non c’è proprio il Dio della guerra, c’è la nazione che per sua natura ha bisogno della guerra e si inventa un Dio crudele e sterminatore che detta le pagine sanguinolente del Deuteronomio.

    Mancuso non contesta ai francesi di essere francesi, agli italiani di essere italiani e così via, e non dice che il loro essere nazione equivale a predicare odio e distruzione, ma agli ebrei l’essere nazione è rinfacciato come un peccato originale, indissociabile da una violenza istituzionale. Si è dimenticato, con svista non veniale per un teologo, che gli ebrei diventano popolo alle pendici del monte Sinai, quando ricevono i dieci comandamenti. Si è dimenticato che per gli ebrei accanto a una Torà scritta esiste una Torà orale, che mette in discussione ogni parola e lettera di quella scritta, in una continua evoluzione dialettica e che spiega in tanti modi possibili e sofferti anche le pagine più problematiche (per la nostra sensibilità evoluta) della Bibbia. Mentre Mancuso pensa che l’israelismo, cioè l’essere nazione, ha contaminato la pura religione ebraica, gli ebrei pensano che la religione ha forgiato la nazione ebraica e le ha dato una missione di civiltà, pace e giustizia per il mondo. Forse non farebbe male a rileggersi, in questa chiave, la profezia di Isaia all’inizio del capitolo 2.
    La domanda ora è se questo pensiero sia l’espressione di un nuovo trend del cattolicesimo, o sia solo una scheggia isolata che altri teologi cattolici, si spera, metteranno in discussione.

    CONDIVIDI SU: