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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    La visione, l’agenda, il deserto e la Torah

    C’è un legame tra la parashà di Bamidbar, parola che possiamo tradurre come “nel deserto”, e la rivelazione del Sinai. La parashà di Bamidbar, ad esempio, è la parashà che precede sempre la festa di Shavuot, la festa che commemora il dono della Torah e la rivelazione di Dio al Sinai. Il deserto è un luogo fondamentale e formativo per il nostro popolo. Un luogo di gioia e tristezza, di dolore e successo, di voci che abbiamo udito e di voci che abbiamo ignorato, di solidarietà ed egoismo, di amore e distruzione, di odio e fratellanza. Il profeta Isaia disse: “Il deserto e la terra arida gioiranno; la terra desolata gioirà e fiorirà”. David Ben-Gurion, uno dei padri fondatori dello Stato di Israele, sognava di far fiorire il deserto del Negev, proprio come, secondo il midrash, il deserto, in particolare il Monte Sinai, fioriva al tempo della rivelazione dei Dieci Comandamenti. Alcuni dei comandamenti che abbiamo ricevuto sul Monte Sinai sono completamente al di fuori del loro contesto logico-temporale perché ci parlano di mitzvot, come la Shemitah, l’anno sabbatico e lo Yovel. Am Yisrael riceve questi comandamenti quando è lontano dalla terra di Israele e non possiede una terra propria. Queste mitzvot, in quel momento, potrebbero sembrare irrilevanti, o almeno assolutamente teoriche. È qui che incontriamo la grandezza della Torah di Hashem: la Torah ha una visione eterna che va oltre il contesto specifico in cui ci troviamo, e proprio per questo, in mezzo al deserto, insegna a un popolo che non possiede ancora la propria terra i comandamenti relativi alla terra futura che riceverà. Ciò significa avere una visione che non guarda ai dettagli del momento e al piccolo spazio in cui mi trovo, forse ai dettagli del mio interesse o bisogno immediato, ai dettagli della mia agenda o all’agenda momentanea del mio gruppo, ma piuttosto ad avere una visione ampia, lunga, quasi eterna delle mie azioni e di ciò che faccio. La Torah ha una visione di come dovrebbe essere l’esistenza del popolo ebraico, e non ha un programma per i piccoli dettagli di questa esistenza. I dettagli esistono e hanno significato solo se esiste una visione spirituale di chi siamo come popolo e come individui. Spesso, troppo spesso, noi esseri umani concentriamo la nostra attenzione su dettagli decontestualizzati e li trasformiamo in una missione di vita. Ci concentriamo sul programma privato dei nostri bisogni e delle nostre idee, dimenticando la visione d’insieme della nostra missione come popolo o come parte del popolo. Consideriamo i dettagli di chi sono o di ciò che vorrei elementi fondamentali, mentre ciò che è fondamentale sono le idee per cui agisco, la visione a cui mi impegno. Questa è una differenza fondamentale tra chi agisce in nome di un programma e chi agisce in nome di una visione. Chi agisce in nome di un programma è destinato a orizzonti piccoli, limitati, a volte insignificanti, o comunque senza alcuna possibilità di cambiare veramente il mondo. Chi agisce in nome di una visione ha orizzonti ampi, cieli sconfinati e lascia il segno in ciò che fa. In effetti, fanno fiorire il deserto. Dobbiamo capire che siamo un popolo di grandi visionari: Moshe Rabbeinu, i profeti, i nostri chachamim, Rabbi Yehuda HaNasi quando compilò la Mishnah, Rabbi Yochanan ben Zakai quando fondò la scuola di Yavneh durante la distruzione di Gerusalemme sono tutti esempi di persone che, al di là del contesto in cui vissero, ebbero la capacità di avere una visione del futuro e di costruire messaggi eterni per la loro generazione e per l’intero popolo ebraico. Chi ha una visione vive per sempre; chi ha un programma vive per i giorni e i luoghi in cui il suo programma ha senso. Forse è anche questo il motivo per cui la Torah è stata data nel deserto: per dirci che la Torah non dovrebbe mai essere trattata come un programma di cose da fare o da non fare, e non importa se la interpretiamo come un programma tecnico, spirituale o politico. La Torah è stata data nel deserto perché il suo valore di visione eterna non può mai avere limiti, né mentali né geografici. La Torah non può essere rinchiusa in una stanza piuttosto che in un’altra, sotto un cielo piuttosto che in un altro. La Torah deve essere sempre fonte di visione, non di azione politica. Perché, in definitiva, chiunque abbia un programma ha sempre un padrone, anche se lui stesso è quel padrone, mentre chiunque agisca in nome della Torah – una Torah senza limiti, come nel deserto – ha come padrone solo il Padrone del mondo. Adon Olam.

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