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    Parashà di Emòr: Perché contiamo i giorni dall’offerta del ‘Omer a Shavu’ot?

    La mitzvà dell ‘Omer appare nel mezzo della parashà di Emòr (‘Omer-Emòr, un anagramma). Nella parashà viene insegnato quali sono i korbanòt (offerte) da portare nei giorni festivi al Bet Ha-Mikdàsh. La sezione delle feste inizia con lo Shabbàt, seguito dalla festa di Pèsach che cade il 14 del mese di Nissàn e dalla festa delle matzòt dal 15 al 21 del mese. La festa successiva è quella di Shavu’ot, che cade il cinquantesimo giorno dopo il 15 di Nissàn. I quarantanove giorni che separano Pèsach da Shavu’ot sono chiamati i giorni del ‘Omer

                Nella Torà è scritto: “Quando sarete entrati nel paese che vi do’ e ne mieterete i suoi prodotti dovrete portare alkohen lo ‘Omer della prima mietitura” (Vayikrà, 23:10). 

                L’autore catalano del Sèfer ha-Chinùch (secondo una recente opinione, r. Pinchas Ha-Levi, XIII sec.) che elenca e che descrive le 613 mitzvòt della Torà,  scrive che quando esisteva il Bet Ha-Mikdàsh, nella sera che seguiva il 15 di Nissàn i kohanìm uscivano dalla città di Gerusalemme, seguiti da una grande folla, e cercavano un campo vicino nel quale era maturato il primo raccolto di orzo. Mietevano la quantità prescritta e da qui veniva fatta nel Bet Ha-Mikdàsh la prima offerta farinacea del nuovo raccolto. Dopo questa offerta veniva permesso il consumo dei nuovi raccolti di grano. 

                Un’altra mitzvà, che osserviamo fino ad oggi anche senza il Bet Ha-Mikdàsh, è quella di contare i giorni fino alla festa di Shavu’ot, come è scritto: “E conterete cinquanta giorni, sette settimane complete dal giorno successivo a quello festivo quando porterete lo ‘Omer, e allora dopo la settima settimana porterete una nuova offerta. Dalle vostre sedi porterete un’offerta di pane …” (Ibid., 15-17).  Il frumento matura più tardi dell’orzo e l’offerta di pane veniva fatta a Shavu’ot.

                Nel Sèfer Ha-Chinùch è scritto che la mitzvà del ‘Omer serviva a fa sì che potessimo ricordare la grande benevolenza del Creatore che ogni anno ci fa avere il nuovo raccolto. Per questo era giusto portare la prima offerta di orzo all’Eterno. Il motivo per cui il giorno dell’offerta dello ‘Omer è stato stabilito nel secondo giorno di Pèsach e non nel primo, è per  non fare combaciare i due giorni festivi. Il primo giorno di Pèsach è una celebrazione dei miracoli dell’uscita dall’Egitto e il secondo giorno, un giorno di ringraziamento per il nuovo raccolto.   

                Qual è il significato del conto dei giorni dall’offerta del ’Omer fino a Shavu’ot

    R. Beniamino Artom (Asti, 1835-1879, Londra) in una sua derashà tenuta alla Bevis Mark Synagogue nel sabato del 2 di Sivàn 5632 (8 giugno 1872), disse che “contare tutti quei giorni era contare le benedizioni con le quali il Signore li aveva assistiti nei loro lavori agricoli […]. Lo ‘Omer esprime la gratitudine a Colui che è la fonte di tutte le benedizioni […]”.  E serve a fare sì che gli esseri umani, che dimenticano troppo presto il bene ricevuto, imparino ad essere riconoscenti nei confronti di Colui che dà loro i mezzi di sussistenza. Per lo stesso motivo, aggiunge rav Artom, abbiamo la mitzvà dettata dalla Torà di recitare la birkàt ha-mazòn, la benedizione dopo i  pasti. Ora non abbiamo il Bet Ha-Mikdàsh dove portare l’offerta farinacea di orzo nel secondo giorno della festa delle matzòt, né i pani di frumento a Shavu’ot. Tuttavia, contando i quarantanove giorni di questo intervallo potremo avere lo stesso merito raggiungendo lo scopo della mitzvàche è quello di inculcare nel nostro cuore la gratitudine nei confronti dell’Eterno.

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