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    ISRAELE

    A due anni dal 7 ottobre

    Piangeremo adesso ricordando il sette di ottobre, ma non ci limiteremo a piangere. Saremo anche forti e orgogliosi, saremo ancora e per sempre il popolo che ha dato al mondo la legge morale e la democrazia, nessuno pensi di vedere gli ebrei piegati e umiliati. E sarà perché lo Stato d’Israele insieme alla nostra storia millenaria ce ne dà la forza, qualsiasi cosa si faccia e si sia fatto per piegarci.
    Siamo stati capaci di esaminare l’accaduto e di capire con coraggio che era il momento di svoltare rispetto al tema della nostra sicurezza. Israele combatte, la diaspora al suo fianco è consapevole delle nuove difficoltà e le affronta con coraggio. L’atmosfera d’odio che ci ha aggredito anche dopo il 7 di ottobre non ci piegherà, ovunque siamo, ci stringeremo insieme con forza, non ci metteremo in ginocchio: la sorpresa dell’ondata di antisemitismo ci renderà, anzi, sempre più consapevoli delle nostre ragioni e del fatto che sempre, come dicono i testi, hanno cercato di distruggerci, e non ci sono mai riusciti perché la nostra bandiera è quella della vita, tantopiù quando è una setta di morte come quella della jihad a sfidarci. Il peggiore di tutti gli attacchi subiti dal tempo dei pogrom e della Shoah ci ha aggredito mentre gli ebrei, non solo in Israele ma anche nella diaspora, credevano da decenni che offrire, spiegare, farsi paladini di una visione di eguaglianza e di condivisione, di comprensione pacifista fosse la chiave per il tikkun olam, il perfezionamento della Creazione con l’aiuto dell’uomo. Per questo, dal 1948, l’offerta di terra ci sembrava la più convincente anche se “i no” si sono moltiplicati negli anni.
    In realtà, mentre Israele cresceva in giustizia e democrazia, in contributo alla scienza e alla cultura, una parte del mondo che avremmo voluto coinvolto nella nostra crescita coltivava con molti mezzi, molta determinazione, un piano di aggressione per distruggere lo Stato d’Israele e tutti gli ebrei del mondo.
    Così ricordare il Sette di Ottobre per noi ebrei significa non soltanto ricordare la mostruosa macelleria di Hamas, fiancheggiata da una parte del mondo islamico capeggiato dall’Iran, ma anche il sorgere di un’ondata di odio verso gli ebrei che si nutre di menzogne senza fine, che sono sfociate nella parola “genocidio”. È l’inversione della realtà di cui ha parlato a suo tempo nel definire il nuovo antisemitismo Robert Wistrich, il maggiore storico dell’argomento: prima c’è stata la persecuzione religiosa, gli ebrei erano gli assassini di Cristo; poi quella razziale, gli ebrei erano immondi esseri inferiori; adesso c’è quella dell’inversione: gli ebrei sono nazisti, e lo si vede nella loro trasformazione in sionisti.
    Israele, Netanyahu, bambini cui si spara volontariamente in testa… è un festival di bestemmie e di false notizie che arrivano alla parola “genocidio” e causano episodi di violenza e espulsione continua nei confronti degli ebrei in tutto il mondo, quando cantano, quando fanno sport, quando scrivono, quando vanno a scuola e all’università, quando mangiano la pizza a Napoli…
    È stata dura vedere la muraglia sorgere intorno a noi proprio mentre dovevamo affrontare lutti che, nonostante la battaglia sia sempre stata viva, non avevamo mai dovuto affrontare in questi termini dalla fine della seconda guerra mondiale. E, secondo la nota teoria della propaganda nazista, è entrata nella narrativa comune la ripetizione all’infinito di formule senza senso, irrelate ai fatti per cui Israele combatte la sua guerra di sopravvivenza con il minor danno possibile contro i civili, introducendo cibo e aiuti, avvisando sempre la gente dentro gli edifici della indispensabile distruzione di postazioni militari, cercando di dividere i civili dai terroristi di Hamas.. e intanto gli si contrapponeva la determinazione, peraltro dichiarata, di Hamas di usare la propria gente come scudo umano e usarne il sacrificio per suscitare un’ondata di consenso.
    Sì, abbiamo sofferto e soffriamo per i rapiti, per i soldati che muoiono, per l’ondata di antisemitismo, ma dal Sette di Ottobre abbiamo anche visto che il popolo ebraico ha avuto la forza e la determinazione, affiancato da alcuni fedeli amici fra cui splendono gli Stati Uniti, mentre sprofonda nel buio l’Unione Europea, di affermare il primato della libertà e della democrazia di fronte a un attacco senza precedenti di grandi, ricchissime forze oscure, e lo ha saputo portare avanti senza paura: non ha avuto paura di attaccare il più pericoloso fra gli odiatori, l’Iran; il più pericoloso fra gli aggressori, Hezbollah; non si è tirato indietro di fronte alla necessità di mettere in sicurezza i confini di una Siria cambiata e incerta; non ha indietreggiato dal colpire un nemico plagiato e ubriaco di odio che dista duemila chilometri, gli Houti nello Yemen, mentre seguitava a battere i continui attentati terroristici. Dall’inizio dell’anno ne ha evitati mille. Intanto, battendosi per la liberazione degli ostaggi, numero uno degli scopi di ogni ebreo del mondo, i ragazzi del’IDF hanno combattuto una guerra in cui ogni famiglia è coinvolta, ogni madre, ogni moglie.
    Abbiamo pianto mille soldati con compostezza e dignità, stiamo curando 20mila feriti senza alzare le mani. Intanto nella diaspora il mondo ebraico si è stretto intorno a Israele con valore e resistenza, con maggiore consapevolezza della sua identità meravigliosa, correndo nuovi rischi, nuove espulsioni, soffrendo l’ingiustizia di esclusioni e malevolenze senza demordere. Certo, c’è stato, come sempre nella storia, anche fra di noi, chi si è fatto da parte e chi si è unito al coro degli aggressori, spesso per dimostrare che la vecchia strada dell’identificazione dell’ebraismo con una parte politica non veniva a mancare nemmeno in questo momento.
    Non solo episodi rilevanti: importante è che si cominci a capire nel mondo che chi odia Israele, e lo si vede nelle piazze, chi insulta gli ebrei, di fatto odia, qui in Italia, anche il proprio Paese, i suoi valori di base, la democrazia, che l’antisemitismo come nel secolo scorso è una bandiera di sovversione fascista di qualsiasi colore la si dipinga.
    Il cancelliere tedesco l’ha detto chiaramente: “Israele fa per noi il lavoro sporco”, ovvero affronta la grande sfida che soffrono le democrazie da parte da un’asse rosso-woke-islamico. Chi ancora non l’ha capito, dovrà presto rendersene conto, speriamo mentre la pace finalmente che Israele ha perseguito dalla sua nascita, diventi realtà. Ma una pace vera, Israele e gli ebrei non accetteranno nessun inganno, la forza della storia, della religione, del popolo, li difende.

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