Skip to main content

SPECIALE PESACH 5784

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    ISRAELE

    Biden chiarisce che a Rafah non è dalla parte di Israele

    La dichiarazione di Biden
    Da tre settimane i rifornimenti americani di bombe e proiettili di artiglieria, vitali per l’esercito israeliano, sono stati bloccati. La spedizione sospesa avrebbe dovuto consistere di 1.800 bombe da 2.000 libbre e 1.700 bombe da 500 libbre, ha detto un funzionario statunitense all’Associated Press. Ieri il presidente Biden ha fatto una dichiarazione a CNN in cui spiega la ragione del blocco e illustra la posizione americana: “Civili sono stati uccisi a Gaza come conseguenza di quelle bombe e di altri modi in cui attaccano i centri abitati. “Ho chiarito che se entrano a Rafah, dove non sono ancora davvero entrati, non fornirò le armi che sono state usate storicamente per affrontare le città […] Continueremo a garantire che Israele sia sicuro in termini di Iron Dome e della sua capacità di rispondere ad attacchi come quelli che sono arrivati recentemente dal Medio Oriente [un eufemismo per non citare l’Iran]. Ma non forniremo armi e proiettili di artiglieria. Ho detto chiaramente a Bibi e al gabinetto di guerra: non otterranno il nostro sostegno se attaccano questi centri abitati”, ha detto il presidente.

    Le reazioni israeliane
    Quella che viene dai giornali israeliani definita “una fonte molto autorevole del governo” ha dichiarato che Israele conquisterà Rafah, con o senza l’invio di armi da parte degli Stati Uniti: “Abbiamo mezzi sufficienti per entrare a Rafah e conquistarla senza l’aiuto degli Stati Uniti, Rafah sarà conquistata comunque”. La fonte ha sottolineato che “il problema principale è il messaggio che questo invia a Hezbollah e all’Iran: che Israele si presenterà allo scontro nel nord apparentemente senza i rifornimenti di cui ha bisogno. Biden ha commesso un grave errore, sia etico che politico”. Pure il ministro degli Esteri Israel Katz ha risposto alla dichiarazione di Biden, scrivendo: “Israele continuerà a combattere Hamas finché [Hamas] non sarà sradicato. Non c’è guerra più giusta di questa”.

    Le reazioni americane
    Anche negli Usa ci sono state reazioni molto dure. Il leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell e il presidente della Camera Mike Johnson hanno scritto una lettera a Biden in cui fra l’altro si dice “Israele si trova ad affrontare una minaccia esistenziale e su più fronti, come recentemente dimostrato dall’attacco diretto dell’Iran e dei terroristi sostenuti dall’Iran, e [la posizione dell’amministrazione] in questo momento pericoloso rischia di incoraggiare i nemici di Israele e minare la fiducia che altri alleati e partner hanno. hanno negli Stati Uniti […] I recenti resoconti della stampa e le pause nelle spedizioni di armi critiche mettono in discussione la promessa che l’impegno dell’amministrazione per la sicurezza di Israele rimarrà ferreo,” Anche Trump ha fatto una dichiarazione molto dura, accusando Biden di “schierarsi dalla parte dei terroristi”.

    Le cause della posizione americana
    In realtà la dichiarazione di Biden illustra qual è la posizione americana da tempo. Biden non vuole che Israele sia distrutto dall’aggressione guidata dall’Iran, ma non vuole nemmeno che esso vinca il terrorismo, smantellando del tutto il potere militare di Hamas a Gaza e eliminando i suoi capi, come non vorrebbe che Israele agisse per liquidare la minaccia di Hezbollah dal Libano e tanto meno l’armamento missilistico e forse nucleare dell’Iran. È una posizione suicida non troppo diversa dai limiti che gli Usa hanno posto all’autodifesa dell’Ucraina, al mancato appoggio alle rivolte curde, georgiane, delle donne in Iran; la stessa che ha portato Biden alla disastrosa fuga dall’Afghanistan tre anni fa. In questo momento poi tale paura di impegnarsi per la vittoria è spinta anche da motivi elettorali: Biden ha paura di perdere, anche solo per la limitata solidarietà che ha mostrato a Israele, l’appoggio della sinistra del partito democratico, sempre più aggressiva e il voto dei musulmani, che potrebbe essere importante in alcuni stati in bilico, fra cui il Michigan. Quindi sottolinea messaggi di disimpegni. Ma in questa maniera rischia di perdere anche il voto degli ebrei americani, tradizionalmente democratici e di sinistra, ma certo in grande maggioranza non indifferenti al destino di Israele. Ma a guardare indietro si vede che questa posizione rientra nella politica tradizionale degli Usa: le quattro operazioni a Gaza precedenti a questa guerra erano state bloccate prima di ottenere risultati decisivi proprio per l’intervento americano e così anche la Guerra dei Sei Giorni e quella del Kippur. Nel 1973 Kissinger arrivò a bloccare anche lui i rifornimenti militari a Israele, perché riteneva che fosse nell’interesse americano “una moderata sconfitta di Israele” e li riprese solo dopo che Golda Meir fece trasparire la minaccia dell’uso dell’arma nucleare.

    Le prospettive
    Alla luce della dichiarazione di Biden sono chiare le cautele e i rinvii delle operazioni militari decise da Netanyahu, che ha cercato per mesi in tutti i modi una mediazione con gli americani che consentisse l’eliminazione di Hamas. Ma è chiaro che il proclamato interesse degli Usa alla difesa dei civili è solo un pretesto. L’amministrazione Biden non vuole proprio la liquidazione di Hamas. Israele, dunque, in un modo o nell’altro, dovrà forzare la situazione, pagando però un prezzo alto in termini di relazioni internazionali non solo con gli Usa, ma anche con un Unione Europea il cui “ministro degli esteri” Borrell è allineato più che con Biden con gli estremisti democratici. E vi sono forze anche dentro Israele che lavorano per bloccare l’azione militare, soprattutto in odio a Netanyahu. L’alternativa però sarebbe solo arrendersi a una sconfitta chiara, che porterebbe ad altre aggressioni terroristiche simili al 7 ottobre. Bisogna prepararsi a una demonizzazione ulteriore del governo israeliano, forse a una sua rottura e a tempi molto difficili per Israele e per gli ebrei di tutto il mondo.

    CONDIVIDI SU: