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    Con occhi ancora troppo giovani

    Sono una ragazza che ha sempre vissuto in un ambiente molto sionista e fin dai primi giorni della mia vita mi è stato insegnato ad amare, aiutare e sognare un giorno una vita in Israele. Ho vissuto a Roma per 19 anni e ho capito di dover intraprendere una strada che rispecchi ciò che mi è stato insegnato.

     

    Dopo aver fatto un programma di mechinà in Israele ho scelto di arruolarmi nell’esercito israeliano e difendere lo stato di Israele, stato che continua ad esistere grazie all’impegno dei soldati che danno la loro vita per proteggerlo.

     

    Ho intrapreso questa strada per onorare i 23.816 soldati e civili caduti in battaglia e per permettere un giorno ai miei figli, e ai figli dei miei figli, di vivere senza la paura di dover costruire un bunker nelle loro abitazioni.

     

    I primi due mesi del mio servizio li passerò in una base chiamata “Michve Alon”, una base per Olim Chadashim che decidono di arruolarsi come volontari nell’esercito israeliano. In questa noi volontari impariamo l’ebraico e facciamo quello che viene definito “basic training”, dove ci vengono insegnate nozioni basiche e fondamentali riguardo l’esercito.

     

    La situazione di Israele in questo momento, mi fa pensare ancora di più a quanto sia importante dare il proprio contributo, sostenere il nostro paese e soprattutto i nostri soldati. Ho personalmente molti amici e famigliari all’interno dell’esercito, o costretti a passare notti insonni nei bunker, ad avere soli 10 secondi per mettersi in salvo. Molti dei miei amici soldati sono stati chiamati dai loro generali e mandati al fronte con Gaza, ai confini con Libano, Siria ed Egitto. Ragazzi di diciotto e diciannove anni con cui ho vissuto, con cui ho scherzato e giocato, costretti a vivere il conflitto in prima persona, a vederlo con occhi ancora troppo giovani. Giovani che non sapranno quando potranno chiamare i propri parenti e informarli di essere vivi.

     

    In nessun altro paese al mondo, a ragazzi della mia stessa età viene chiesto di mettere a rischio la propria vita per salvare quella dei propri cari; nessun ragazzo è pronto a perdere il proprio migliore amico in battaglia e nessuna madre ebrea potrà mai essere pronta a non veder tornare il proprio figlio a casa. Quante storie ho sentito di soldati che hanno perso due, tre, quattro amici o addirittura la loro intera unità per mano di terroristi; e quanti vivono con la paura che lo stesso possa accadere a loro.

     

    Dover vivere questa situazione da lontano è per me straziante e doloroso essendo a conoscenza della condizione in cui stanno vivendo molte persone a me care, che mi riportano quanto più possibile gli eventi del momento. Non essendo lì a dare il mio contributo, ho scelto di usare tutti i mezzi a mia disposizione per supportare Israele. 

     

    Mi sono sentita in dovere di usare la mia voce per combattere la propaganda antisemita e antisionista che si vede sui social, cercando di documentare e postare quanto più possibile su instagram e twitter, rispondendo giorno e notte a pagine che non fanno altro che mal informare la gente mostrando una realtà parziale dei fatti.

     

    Ho ricevuto minacce di tutti i tipi e mi sono ritrovata a confrontarmi con gente che crede che Israele sia uno stato “illegittimo” che debba essere cancellato dalle mappe geografiche. Questo di certo non mi ferma, nella mia battaglia per combattere e smascherare chi vuole soltanto disseminare odio contro Israele.

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