Skip to main content

Ultimo numero Marzo – Aprile 2025

Scarica l’inserto di Pesach

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    ISRAELE

    Dall’inferno alla libertà: La drammatica odissea di Edan Alexander, ostaggio di Hamas per 584 giorni

    Dopo 584 giorni di prigionia sotto terra, senza luce, senza libertà e spesso senza cibo, Edan Alexander è finalmente tornato a casa. Soldato israeliano con cittadinanza americana, Edan era stato catturato da Hamas il 7 ottobre 2023, durante l’attacco terroristico che ha segnato l’inizio del conflitto tra Israele e Gaza. Da allora, la sua famiglia e l’intera comunità internazionale hanno vissuto nell’angoscia, in attesa di notizie sul suo destino. Il ritorno di Edan non è solo la storia di una liberazione, ma il simbolo vivente del calvario che vivono ancora decine di ostaggi nelle mani di Hamas.

    Edan Alexander è stato detenuto in condizioni disumane: chiuso in tunnel sotterranei, spesso incatenato e con la testa coperta da un sacco. I suoi carcerieri lo chiamavano “l’americano” e lo trattavano come un bottino da esibire e punire. Questi i racconti scioccanti, emersi dopo la sua liberazione, rivelano l’agonia del giovane soldato, spesso spostato da un tunnel all’altro, mantenuto in gabbie di ferro, costantemente sorvegliato, con libertà di movimento minima o nulla. Le sue giornate erano scandite dalla fame, dal silenzio forzato e dall’incertezza. In certi periodi, soprattutto durante le fasi più intense dei combattimenti, riceveva solo riso, fagioli e un po’ di pane pita. Durante le rare tregue, la sua razione di cibo si arricchiva leggermente con piccole porzioni di carne di agnello o manzo, come se i terroristi volessero mantenerlo in vita per un secondo fine: l’eventualità di uno scambio. Le sue condizioni fisiche, al momento della liberazione, erano allarmanti: denutrito, ricoperto di morsi di pulci, zoppicante e talmente debole da non riuscire a camminare da solo. Era visibilmente ferito, con i segni del lungo calvario ancora evidenti sul corpo e sul volto.

    Dopo il rilascio, Edan è stato immediatamente trasportato all’ospedale Ichilov di Tel Aviv, dove ha potuto finalmente riabbracciare sua madre, Yael, e il resto della famiglia. “Il mio cuore è spezzato in mille pezzi per ciò che ha dovuto sopportare,” ha detto Yael, “ma anche pieno di gratitudine perché è tornato vivo”. Ma la storia di Edan non si chiude con la sua liberazione. Sua madre, Yael, è diventata una delle voci più forti nel chiedere al governo israeliano e alla comunità internazionale di non dimenticare chi è ancora prigioniero. “Ci sono madri che aspettano da mesi, e ogni giorno che passa è una tortura. Lo Stato deve riportarli a casa, tutti, adesso” ha detto la donna.

    CONDIVIDI SU: