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    ISRAELE

    Dopo 11 anni Hadar Goldin torna a casa. Fu ucciso durante l’operazione “Tzuk Eitan”

    Dopo undici anni di attesa, dolore e speranza, Israele chiude un cerchio che ha segnato un’intera generazione. Il corpo del capitano Hadar Goldin z.l., caduto durante l’operazione “Tzuk Eitan” nel 2014 e trattenuto da Hamas per oltre un decennio, è stato identificato presso l’Istituto di medicina legale israeliano e riportato nella sua terra per una degna sepoltura.
    Hadar Goldin nacque il 18 febbraio 1991 ad Ashkhar. Era figlio del professor Simcha Goldin, storico, e della dottoressa Lea Goldin, docente di ingegneria del software. Cresciuto in una famiglia sionista, legata in modo profondo al popolo e alla terra d’Israele, era gemello di Tzur e fratello di Ayelet e Menachem.
    Fin da ragazzo mostrò un carattere sensibile e idealista. Fu educatore nel movimento giovanile Bnei Akiva, amava l’arte, la musica e la scrittura. Sapeva unire persone diverse: religiosi e laici, comandanti e soldati. Studiò al liceo scientifico–yeshivà di Kfar Batya e poi alla preparazione militare “Bnei David” ad Eli.
    Nel 2011 si arruolò nella brigata Givati e si offrì volontario per l’unità speciale. Completò con lode il corso per ufficiali di fanteria, fu comandante di plotone e di squadra. I suoi soldati ricordano un ufficiale esigente ma umano, che non permetteva insulti nel reparto e si preoccupava sempre del più debole. Per lui, la leadership iniziava dall’esempio personale.
    Poco prima della guerra si era fidanzato con Edna Serusi. Aveva già disegnato l’invito di nozze, unendo il suo talento artistico al sogno di una vita insieme.
    Il 1° agosto 2014, durante una tregua umanitaria dichiarata di 72 ore, la sua unità fu attaccata a Rafah. Nell’imboscata caddero anche il maggiore Bania Sarel z.l. e il sergente Liel Gidoni z.l.. Hadar fu ucciso nello scontro a fuoco e il suo corpo venne trascinato dai terroristi in un tunnel. Da quel momento fu definito “caduto il cui luogo di sepoltura non è noto”, e il suo nome divenne un simbolo nazionale.
    Per più di undici anni, la famiglia Goldin ha condotto una battaglia morale e pubblica perché Hadar tornasse a casa. Il padre Simcha e la madre Lea hanno parlato in Israele e nel mondo, chiedendo che nessuno dimenticasse il loro figlio e tutti i caduti trattenuti a Gaza. Migliaia di israeliani si sono uniti al loro appello, trasformando la storia personale di Hadar in una missione collettiva.
    Nelle ultime ore la notizia che il corpo trasferito in Israele è stato identificato come quello di Hadar ha commosso l’intero Paese. La bara, consegnata tramite la Croce Rossa e accompagnata dalle Forze di Difesa israeliane, è stata seguita lungo le strade da cittadini con bandiere d’Israele e nastri gialli. È il saluto di un popolo a un ufficiale che non ha mai conosciuto davvero, ma che sente come figlio, fratello, amico.
    Il primo ministro ha parlato di un momento di verità e giustizia per una famiglia che ha aspettato troppo a lungo, ribadendo l’impegno d’Israele a riportare tutti gli ostaggi e i caduti alla sepoltura nella loro terra. È la stessa promessa che accompagna ogni soldato che entra in servizio: lo Stato d’Israele non abbandona i suoi figli.
    Hadar è ricordato anche per una frase che ripeteva spesso:
    “Hai due possibilità nella vita: occuparti solo di te stesso, oppure fare qualcosa di più grande”.
    La sua vita breve, ma piena di valori, è diventata proprio questo: qualcosa di più grande.
    Oggi, dopo 4.118 giorni, Hadar Goldin torna a casa, in Israele, per una degna sepoltura.
    Torna nella terra che ha amato e difeso, dove ad aspettarlo ci sono sua famiglia e un intero popolo.
    “E i figli ritorneranno ai loro confini”.
    Per Hadar, questo giorno è finalmente arrivato.

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