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    ISRAELE

    Il 7 ottobre infinito

    “Fra poco saranno 100 giorni che tuo figlio è ostaggio nelle mani di Hamas”- “No, non ci voglio nemmeno pensare, mio figlio sta per essere liberato, non posso credere che sia ancora rinchiuso in quegli orribili cunicoli bui per 100 interi giorni” risponde la madre con gli occhi stravolti. Poi sono passate settimane, sono passati 200 giorni…..Rosh HaShanà è giunto e sta per tornare Simcha Torà….e di giorni ne sono passati più di 700. Si lavora, si studia, si fa la spesa, si organizzano festival e concerti, si gioca con i bambini, Israele va avanti, cerca di non fermarsi, di non abbattersi, di mantenere l’energia indispensabile per affrontare una guerra in corso che non finisce più ma gli occhi non riescono a mentire, il 7 ottobre 2023 ha lasciato un’ombra scura e indelebile nello sguardo di noi tutti. Ci svegliamo al mattino con il volto e il nome di un altro giovane soldato, un padre, un marito e figlio di genitori disperati che non tornerà mai più a casa e ogni sabato sera andiamo insieme con altre migliaia di persone angosciate a supplicare che si ponga fine a questa guerra che dovrà finire prima o poi!
    Abbiamo il nastrino giallo sul petto, sull’automobile, all’entrata di casa e in ogni angolo di Israele appare la scritta “Bring them home now” e noi continuiamo a sperare. Cerchiamo di convincerci che se abbiamo superato il Faraone e lo Zar e Torquemada e Hitler sconfiggeremo anche l’Islam fondamentalista del terrore. Affronteremo con successo anche gli estremisti di ogni colore e partito politico. Ma ci vuole tanta forza, ci vuole tanta fede, tanta energia e saggezza. In questi due anni i nostri bambini hanno conosciuto il suono spaventoso delle sirene, dei boati prodotti dai missili subito dopo. Già all’asilo hanno conosciuto il significato della parola “rapito”, “ferito”, “mutilato”, ma continuano a disegnare fiori e arcobaleni, alberi colmi di frutti e farfalle perché la vera lotta di Israele consiste nell’abbattere il pessimismo e la paura, avere la meglio sull’insostenibile leggerezza dei milioni che scendono nelle piazze d’Europa sventolando bandiere di Hamas e gridando “Free Palestine”. Su quei prepotentelli che aizzano i cani verso donne incinte perche il marito indossa la kippà. Su quelli che sciorinano slogan sul genocidio e dicono che non abbiamo imparato nulla dalla Shoah…eccome se abbiamo imparato! Infatti non andremo più a capo chino verso la morte mentre tre altri disperati, al nostro passaggio, suonano mestamente un violino indossando vestiti a strisce. Sono anni che Hamas manda missili, razzi e aquiloni incendiari senza posa, la gente di Sderot e dei kibbutzim del sud vivono al suono di “Zeva Adom-Colore Rosso”, il segnale che avverte che si deve entrare nei rifugi. Qui, sul confine del Nord continuiamo a sentire esplosioni, ogni giorno Zahal trova altri tunnel, altri depositi di armi di Hezbollah e purtroppo non ci illudiamo, dicono che ci stermineranno fino all’ultimo, dicono, dichiarano, gridano e lo sventolano a tutti i venti. Ma non ci fanno paura. Possono renderci tristi, depressi, scoraggiati….per un po’, ma spezzarci e annientarci mai!
    Il 7 ottobre 2023 è stato un monito: “D. ci accenna e non castiga”, diceva mia nonna, non possiamo addormentarci durante la guardia, non possiamo distrarci e dobbiamo restare uniti. Uniti, dissolvendo prima di tutto i conflitti tra noi e gli egoismi.
    Dobbiamo consolidare l’accoglienza reciproca, anche se non siamo d’accordo su tutto. Abbiamo troppo da dare ancora al mondo, in tutti i campi dalla medicina, alla scienza, all’arte. Dobbiamo essere forti dentro e, se ce ne sarà bisogno, dovremo fermare a tutti i costi chi ci impedisce di vivere secondo la cultura millenaria che ci ha fatto giungere fino ad oggi!
    Sono stati gettati piccoli semi. Siamo qua per proteggerli, irrorare la terra tutta intorno e aspettare con pazienza che crescano e siano di conforto e riparo per i nostri figli e i nostri nipoti. Insieme ai nostri vicini….siamo il popolo dei miracoli, sì o no?
    Moadim Le Simchà

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