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    ISRAELE

    Il cadavere di Yonatan rapito a Gaza da un dipendente Unrwa

    La madre si chiede se le Nazioni Unite sono complici

    “Sono una madre che ha perso la cosa più preziosa al mondo. Ecco perché oggi sono qui davanti a voi chiedendovi di avere il coraggio di porre queste domande. E raccontate la storia di mio figlio al mondo”. Ayelet Samerano ha perso suo figlio Yonatan, 21 anni, che il 7 ottobre è stato sorpreso dall’attacco di Hamas al Nova festival. Fra i 134 ostaggi israeliani a Gaza, c’è anche il suo cadavere. Il suo corpo inerte, insieme con quello di altri due uomini, è stato ripreso da telecamere Cctv all’ingresso del kibbutz Be’eri, dove era stato trasportato da un’auto. Alle 9.30 di quella mattina un SUV con a bordo due uomini è arrivato sul posto. L’autista è stato identificato come Faisal Ali Musalam Naami, 45 anni, grazie a mezzi di Visint (Visual Intelligence). Arrivati vicino al corpo di Yonatan Samerano, Naami e il suo compare armato – si vede nel video che li ha ripresi – scendono dal mezzo, aprono il portellone del bagagliaio e stendono una coperta. Poi si dirigono verso il cadavere, lo afferrano per i piedi e per le braccia, e lo caricano a bordo come un sacco. Poi frugano per terra tra gli effetti personali della vittima, prendono un cellulare e un cappello. Ripartono, meno di tre minuti dopo, lasciando gli altri due corpi sull’aiuola al bordo della strada. Le “domande coraggiose” che la signora Samerano sollecita riguardano alla doppia vita dell’uomo di Gaza. Per l’Unrwa, l’agenzia per i rifugiati palestinesi dell’Onu, Naami è un dipendente nelle funzioni di assistente sociale. Ma per Hamas, serviva nel reparto comunicazioni nel battaglione Nuseirat. Per il sistema di sicurezza israeliano, gli impiegati Unrwa attivi nell’ala militare di Hamas sono almeno 440 su 12 mila. Altri 2 mila ricoprirebbero vari incarichi e posizioni nella fazione islamica. E ulteriori 7 mila avrebbero almeno un parente di primo grado membro dell’organizzazione terroristica.
    “Come possono, le Nazioni Unite, stipendiare l’uomo che ha trascinato a terra il corpo esile di mio figlio e poi lo ha portato come se fosse un trofeo a Gaza? Possiamo affermare che l’ONU trattiene mio figlio? Che sanno dov’è?”. “Siamo qui per chiedere un’indagine completa e trasparente su queste accuse”, dice Shelly Aviv Yeini a capo del team legale del Forum delle famiglie degli ostaggi. “Questo – continua l’avvocata – non è l’unico caso in cui un dipendente dell’Unrwa partecipa alle ostilità e commette crimini di guerra. È imperativo che le Nazioni Unite rivalutino a fondo i protocolli interni dell’Agenzia, i metodi di screening, i meccanismi di ispezione e la condotta generale. È imperativo individuare le cause profonde di tali azioni inaccettabili”.

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