
L’attacco siriano ai Drusi
Un nuovo focolaio di guerra si è aperto ai confini di Israele, in Siria, e sta progressivamente coinvolgendo le forze israeliane. Si tratta dell’attacco che prima beduini e irregolari sunniti talvolta coi simboli dell’Isis (il sanguinoso “Stato Islamico” che dieci anni fa occupava buona parte della Siria e dell’Iraq), poi direttamente l’esercito siriano, stanno portando ai drusi. L’attacco mira particolarmente la città drusa più importante, Suwadya, che si trova a sudest di Damasco, un centinaio di chilometri a est del Golan, vicino al territorio del confine con la Giordania, ma si espande anche agli altri villaggi drusi sparsi in tutta la Siria meridionale. Durante l’invasione sono state documentate numerose atrocità, con un centinaio di morti. Durante la giornata di ieri, il governo israeliano ha accolto gli appelli provenienti dai dignitari drusi sia in Siria sia in Israele e ha prima mandato messaggi al dittatore siriano Ahmad al-Shara (detto al-Jolani) chiarendo che non avrebbe sopportato che i drusi fossero molestati e che la zona meridionale della Siria doveva restare demilitarizzata. In seguito ha iniziato ad attaccare con bombardamenti aerei le truppe siriane e beduine che cercavano di conquistare Suwayda. Non avendo ottenuto risposte soddisfacenti, ha portato la minaccia sulla capitale Damasco, all’inizio colpendo solo in maniera simbolica alcuni luoghi del potere e poi bombardando il ministero della difesa e il palazzo presidenziale. Dato che durante la presa del potere di Al-Shara l’esercito israeliano ha lavorato per eliminare razzi, antiaerea e aviazione siriana, Israele non ha problemi ad approfondire l’offensiva anche, se ve ne sarà bisogno, facendo passare il confine alle truppe che sta spostando sul Golan.
Una minoranza abituata alle persecuzioni
I drusi nascono come eresia dell’Islam sciita in Egitto circa mille anni fa. In seguito la loro religione si è decisamente staccata dall’Islam, accogliendo elementi ebraici, cristiani, perfino induisti; il suo contenuto è noto solo superficialmente dagli stessi drusi, perché mantenuto segreto salvo che a pochi iniziati. Perseguitati da subito e per tutto il corso della loro storia, obbligati a frequenti migrazioni nel Medio Oriente, spesso costretti alla clandestinità, rifugiati sulle montagne della Siria, del Libano, della Giordania e di Israele (sul Carmelo, in Galilea e sul Golan), eccellenti guerrieri, i drusi sono ormai più un popolo che solo una religione, anche se etnicamente arabi. Oggi sono circa un milione in tutto, mantengono in generale la politica di essere fedeli allo Stato cui appartengono, finché questo sussiste e ne rispetta i diritti. Per esempio, i drusi israeliani, a differenza degli altri arabi, fanno il servizio militare e spesso si arruolano nei corpi d’élite e raggiungono posizioni di responsabilità; ma quelli del Golan fino alla guerra civile sono rimasti fedeli alla Siria.
Perché sono attaccati
Anche se immediatamente accettato dalla comunità internazionale quando ha sostituito l’impresentabile regime degli Assad, il governo di Ahmad al-Shara è tutt’altro che rassicurante. Il suo capo e molti quadri sono ex combattenti dell’Isis sostenuti dalla Turchia e sotto i decorosi abiti occidentali e le dichiarazioni pacifiche molti intravvedono una nuova forma della jihad islamista, intollerante di chiunque non appartenga all’Islam sunnita: insomma una minaccia dissimulata di lungo periodo. Poco dopo essere andati al potere e aver ottenuto lo scioglimento delle organizzazioni di autodifesa delle varie comunità della Siria, le milizie di Ahmad al-Shara attaccarono con estrema violenza gli insediamenti alawuiti (una variante degli sciiti, gruppo minoritario insediato sulla costa del Mediterraneo nel nordovest della Siria, cui apparteneva la famiglia Assad), facendo stragi tali da distruggere in sostanza queste comunità. Le persecuzioni ai danni di quel che resta dei cristiani in Siria sono state numerose, anche in questi ultimi giorni; ora è la volta degli Drusi, assaliti dalle stesse truppe e con le stesse modalità degli alawiti. Dopo di loro, se il progetto di distruggere le minoranze e di unificare religiosamente ed etnicamente il paese con la forza non sarà fermato, probabilmente toccherà ai curdi, stanziati nel nordest del paese. Non a caso essi hanno già proclamato la loro alleanza coi drusi e chiesto alleanza a Israele.
Perché Israele li difende
Vi sono due ragioni dell’intervento israeliano, che è stato rapido e deciso, nonostante le trattative semi-segrete in corso per la normalizzazione col regime siriano, fortemente sponsorizzare dall’amministrazione Trump. La prima è il legame con i drusi israeliani, che sempre sono stati fedeli allo Stato ebraico (e anche i caduti militari drusi a Gaza sono stati parecchi). Essi richiedono con forza a Israele un intervento e in folti gruppi i loro giovani addestrati da Israele hanno già attraversato la frontiera per combattere a fianco dei loro “fratelli”. La seconda e principale è che Israele non vuole avere ai propri confini forze jihadiste che potrebbero prima o poi tentare aggressioni anche in stile 7 ottobre. La zona autonoma drusa è dunque un importante cuscinetto di sicurezza, che il regime siriano sta cercando di cancellare. Al-Shara si era impegnato coi drusi a mantenerla e il fatto che alla prima occasione abbia violato gli impegni presi (o non sia stato in grado di tenere sotto controllo i propri miliziani, secondo un’interpretazione più benevola) è un campanello d’allarme per Israele. L’operazione in corso dunque difende non solo la sopravvivenza di un gruppo vicino allo Stato ebraico minacciato di genocidio, ma costituisce anche un segnale molto preciso a chi (per esempio la Turchia) pensasse di iniziare un nuovo periodo di minacce e di logoramento di Israele: la nuova carta geografica del Medio Oriente che Israele sta costruendo non deve contenere minacce del genere.