
Dall’Alta Galilea fino all’area del confine di Gaza, 2,58 milioni di studenti hanno varcato ieri l’ingresso delle scuole.
Il 1° settembre 2025 non è stato un giorno come gli altri: è stato il ritorno sui banchi per 2,58 milioni di bambini e ragazzi israeliani, di cui 180.600 in prima elementare e quasi 150.000 hanno iniziato l’ultimo anno delle scuole superiori. È il giorno in cui ogni famiglia sente la continuità della vita, nonostante le difficoltà di un Paese in guerra da quasi due anni.
Eppure, tra cartelle nuove, lavagne e sorrisi, la giornata ha trasmesso soprattutto ottimismo e voglia di normalità. Le immagini arrivate da nord a sud raccontano lo stesso filo conduttore: scuole che riaprono, comunità che si stringono attorno ai bambini, leader politici che parlano non solo di educazione ma anche di futuro.
A Kiryat Shmona, città che più di altre ha sofferto per la vicinanza al confine e per oltre un anno e mezzo di tensioni con Hezbollah, il suono della campanella ha avuto un valore speciale. Il presidente Isaac Herzog ha partecipato alla cerimonia inaugurale, abbracciando studenti e insegnanti. “Voi siete la nostra speranza”, ha detto agli alunni, sottolineando l’importanza di una generazione che cresce con amore per il Paese e per la comunità. Non solo parole di rito: a Kiryat Shmona, tornare sui banchi significa provare a ricostruire una quotidianità che la guerra aveva strappato.
A Nof HaGalil, il ministro dell’Istruzione Yoav Kisch e il premier Benjamin Netanyahu hanno visitato la scuola “Menachem Begin”. Netanyahu ha parlato con emozione di “bambini e insegnanti che costruiscono il futuro di Israele”, mentre Kisch ha ribadito l’impegno per una “scuola di radici e innovazione”, capace di rafforzare allo stesso tempo valori, identità e competenze tecnologiche. Quest’anno, infatti, il Ministero ha lanciato il programma “Israele Reale”, volto a rafforzare le discipline scientifiche e tecnologiche, con particolare attenzione alle materie STEM, all’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle classi e alla formazione degli insegnanti alle competenze del futuro.
Se al nord il ritorno a scuola è stato un simbolo di stabilità, al sud è stato soprattutto un atto di resilienza. Nell’area del Negev occidentale e del confine con Gaza, circa 23.700 studenti hanno iniziato l’anno scolastico – 2.000 in più rispetto allo scorso anno, segno di una crescita demografica che, in questo contesto, ha il sapore della vittoria sulla paura.
A Kfar Aza, una delle comunità più colpite il 7 ottobre, gli studenti sono tornati a studiare, anche se in scuole provvisorie allestite nei kibbutz vicini. “Non è facile, ci mancano compagni che non ci sono più – ma torniamo a studiare insieme ad altri ragazzi”, hanno raccontato due ragazzi, Maor e Amit. Le loro parole fotografano con semplicità il contrasto tra dolore e voglia di continuare a vivere.
Il deputato Almog Cohen, accompagnando i suoi figli a scuola nel sud, ha sottolineato: “Qui cresce una generazione che continuerà il cammino con valori di rispetto, responsabilità e coraggio”.
La giornata del ritorno a scuola è stata anche l’occasione per ricordare che l’istruzione non è solo trasmissione di conoscenze, ma anche ancora di stabilità, luogo di cura e comunità. Gli insegnanti e i dirigenti scolastici sanno bene che, soprattutto in anni come questi, la scuola non è solo il luogo in cui si studiano matematica o scienze. Le classi diventano spazi di condivisione, di ascolto e di sostegno reciproco. Gli educatori non trasmettono soltanto nozioni, ma accolgono emozioni, danno voce ai dubbi e alle paure, e aiutano i ragazzi a ritrovare insieme forza e normalità.
Il 1° settembre 2025 resterà come una giornata di ritorni, sorrisi e speranza. Dal nord al sud, tra difficoltà e memorie ancora vive, gli alunni hanno ricordato a tutti che la volontà di andare avanti e continuare a vivere, è la risposta più forte e luminosa alle sfide del presente.
Nonostante le ferite, Israele riparte dalla scuola, dal futuro dei suoi bambini. E il messaggio che arriva dai corridoi di Kiryat Shmona, dai banchi di Nof HaGalil e dai kibbutz del Negev è chiaro: la vita vince, e il futuro si costruisce insieme, giorno dopo giorno.