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    ISRAELE

    La guerra con l’Iran si avvicina al momento decisivo

    Gli obiettivi israeliani
    È appena passata una settimana dall’inizio dell’operazione di Israele contro l’Iran ed essa ha ormai un volto ben definito, anche se ogni giorno ha le sue sorprese. Israele attacca i comandanti militari, le caserme delle milizie del regime, le strutture del suo potere e della sua propaganda, innanzitutto le installazioni militari, i lanciamissili, i depositi di rifornimenti strategici, gli impianti nucleari e missilistici e i tecnici o scienziati che li progettano. Il suo è insomma un attacco militare pienamente legittimato dalle minacce iraniane, dalle notizie di uso militare dell’energia atomica giunta ormai alla soglia della bomba atomica per attestazione dell’agenzia dell’Onu che sovraintende a questo tema (l’AIEA), dagli attacchi diretti e attraverso satelliti partiti dall’Iran in questi due anni. In questa opera di interdizione, che vorrebbe anche favorire il successo della lunga lotta degli iraniani per riottenere la loro libertà conculcata dal sanguinario regime clerico-fascista degli ayatollah, Israele ha ottenuto successi imprevedibili, distruggendo una parte notevole dell’industria nucleare, eliminando molti fra i capi supremi delle milizie del regime, mettendo fuori combattimento la maggior parte dei missili e dei loro lanciatori. Se dei civili sono stati colpiti da parte israeliana, ciò è avvenuto senza che essi fossero l’obiettivo, solo perché gli obiettivi militari si nascondevano fra loro.

    Le difficoltà
    Ma l’Iran è un paese molto vasto, ha una superficie oltre sei volte quella dell’Italia e una popolazione una volta e mezza superiore a quella italiana. Il regime ha disperso e nascosto i suoi armamenti, in particolare quelli atomici, e ha mille nascondigli e centri di potere dispersi nel territorio. È sostenuto da personale fanatico, educato a pensare che il martirio per l’Islam sia un ideale da cercare. Ha inoltre stabilito da quasi cinquant’anni un regime di terrore, con reti di spie, piccoli ras locali, carceri, torture e condanne a morte di cui l’Iran è di gran lunga il primo responsabile al mondo in proporzione alla popolazione. Il regime è insomma gravemente ferito, forse ferito a morte, ma ancora violentissimo e pericoloso.

    La strategia iraniana
    Questo pericolo non riguarda in particolare l’apparato militare: i missili iraniani hanno colpito case di abitazione, villaggi arabi, complessi industriali civili, autobus in mezzo alla città, il grande ospedale Soroka di Beer Sheva (e tutti quelli che avevano protestato contro le passate azioni israeliane contro i centri di comando di Hamas nascosti sotto gli ospedali di Gaza su questo bombardamento diretto e immotivato di un centro ospedaliero sono stati zitti…). Nessuna base militare ha subito danni. Ciò dice molto sul carattere francamente terroristico della condotta di guerra dagli ayatollah. Anche gli ultimi proiettili sparati indicano questa strategia: si tratta di bombe a frammentazione, cioè di missili che non indirizzano il proprio carico utile (circa 400 kg di esplosivo) su un unico obiettivo, che potrebbero così distruggere protezioni pesanti come quelle delle basi militari e dei bunker aerei, ma lo suddivide in un centinaio di piccole bombe che si spargono largamente attorno al luogo di impatto e servono soprattutto a colpire persone.

    L’urgenza
    C’è molta fretta da parte israeliana. Questa guerra così pericolosa è stata intrapresa all’ultimo momento prima che l’Iran ottenesse l’arma atomica. Vi sono dichiarazioni iraniane e indizi che fanno ritenere che questo tentativo sia ancora in corso in località segrete e protette, soprattutto nel sito di Fordow. Questo è il cuore del progetto nucleare dell’Iran, annidato sotto una montagna che lo rende assai difficilmente vulnerabile ai bombardamenti, soprattutto con le armi disponibili a Israele. Il punto focale della guerra oggi probabilmente è lì sotto quel monte scosceso e senza vegetazione duecento o trecento chilometri a sud di Teheran, oltre Qom. Per eliminarlo potrebbero probabilmente bastare le superbombe americane GPU 57, così pesanti che possono essere trasportate solo dai grandi bombardieri strategici B52 e B2, che sono a distanza di tiro nell’Oceano Indiano sull’isola Diego Garcia. Ma l’amministrazione Trump, che pure sta aiutando Israele con rifornimenti, informazioni preziose e l’abbattimento di alcuni dei proiettili iraniani, e che sta mobilitando un grande potere militare, con tre gruppi navali guidati da portaerei intorno all’Iran, esita a intervenire direttamente nel conflitto. Il presidente Trump si è dato ieri due settimane per decidere e Israele ha dichiarato che ha i piani per eliminare da solo Fordow, forse dei bombardamenti ripetuti o l’intervento assai rischioso di forze speciali sul terreno. Ma ancora l’azione non è iniziata.

    I rischi di questa fase
    Nel frattempo Israele prosegue con l’opera sistematica di smantellamento dell’apparato militare del regime e l’Iran continua a tentare di intimidire Israele cercando di ottenere una strage della popolazione civile. Ha sparato finora circa 400 missili e un migliaio di droni (questi ultimi senza effetto), provocando danni materiali gravi ma solo qualche decina di vittime. Si tratta probabilmente di una quota intorno a un terzo di tutto l’arsenale missilistico rimasto all’Iran, che per sua natura non è rinnovabile, mentre Israele dispone sempre dei suoi aerei che possono ripartire dopo essere ritornati alla base ad essere stati revisionati e riforniti di nuove bombe. In tutta la guerra nessun aereo israeliano è stato finora mai abbattuto. In prospettiva vi è dunque un esaurimento delle capacità offensive dell’Iran, anche perché Israele dà la caccia a depositi di missili e soprattutto ai lanciatori, che sono molto meno dei proiettili Anche questo fatto produce un’urgenza della guerra e induce gli ayatollah a usare le proprie armi più potenti, finora le testate a frammentazione, i missili da crociera e i preziosi missili ipersonici, capaci di cercare sfuggire agli antimissili israeliani cambiando traiettoria. Ci potrebbero essere delle sorprese anche nel carico delle bombe trasportate da questi proiettili, includendo armi di distruzione di massa chimiche, biologiche e radioattive. Ma Israele è certamente preparato a contrastarle e ha la possibilità di reagire a queste armi estreme con minacce dissuasive, la prima delle quali è la possibilità di colpire il leader iraniano Khamenei, che a quanto pare si trova in un bunker ben individuato nella periferia di Teheran. Insomma la guerra prosegue, avvicinandosi alla sua stretta decisiva. Israele sta conducendola da solo e vincendola per conto di tutto il mondo libero.

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