
Israele contro l’Iran
L’attacco israeliano all’Iran è ovviamente l’evento più importante dell’ultimo periodo, anzi dell’intera guerra. Non occorre qui richiamarne i dettagli. Basti dire che dalla prima mattina di venerdì l’aeronautica israeliana e il Mossad hanno eliminato i vertici dell’esercito e delle guardie rivoluzionarie (la torva milizia degli ayatollah), hanno neutralizzato le difese antiaeree tanto da aver ottenuto la totale superiorità aerea anche sopra Teheran, hanno colpito tre aeroporti di grandi dimensioni, eliminato buona parte dei missili balistici su cui l’Iran contava per reagire, hanno iniziato il lungo e difficile lavoro di eliminazione della macchina produttiva dell’armamento nucleare iraniano, compito reso particolarmente lungo e difficile per il fatto che essa è dispersa in numerosi siti e ovunque protetta da profondi tunnel nelle montagne e sottoterra, soprattutto perché Israele non ha i bombardieri capace di portare bombe gigantesche B52 e B2 che oggi sono solo disponibili agli Usa. Insomma lo smantellamento del potere aggressivo del regime degli ayatollah da parte del solo Israele, senza aiuti stranieri diretti, è iniziato con straordinaria efficacia.
L’Iran non riesce a rispondere
La reazione iraniana è stata debole e poco efficace: immediatamente dopo l’attacco uno stormo di 100 droni, tutti abbattuti, poi alcune raffiche di 50-100 missili balistici l’una, che hanno fatto danni materiali, alcuni feriti e anche due o tre vittime, ma senza rilievo strategico. Si ritiene che all’Iran, dopo i primi bombardamenti israeliani restino circa 1500 missili, quanto basta per attacchi di questa intensità per una decina di giorni, ma è per loro sempre più difficile schierarli e lanciarli senza che l’aviazione israeliana li distrugga a terra. È probabile comunque che nelle prossime notti vi siano altri allarmi e altri lanci, di cui una piccola percentuale potrebbe colpire il territorio israeliano. I gruppi terroristici che l’Iran aveva costruito anche come antemurale e arma di rappresaglia sono tutti più o meno impossibilitati a intervenire: Hezbollah ha dichiarato che non parteciperà ai combattimenti, Hamas è pressato a Gaza, gli Houti hanno sparato un missile e i gruppi sciiti dell’Iraq qualche drone, che non ha fatto danni.
Gli schieramenti internazionali
La ragione e il diritto di Israele sono chiari a tutte le persone minimamente lucide. A parte l’amministrazione Trump che sapeva dell’attacco, appoggia a parole e con rifornimenti e soprattutto non ostacola né ricatta Israele, in Europa Germania, Francia, Gran Bretagna (le ultime due pochissimo amiche di Israele) hanno dichiarato che l’atomica iraniana è inaccettabile e che lo Stato ebraico ha diritto all’autodifesa. I paesi arabi hanno fatto dichiarazioni rituali contro l’attacco, ma hanno dato una mano a Israele nel respingere i missili iraniani (Arabia Saudita e Giordania) o hanno bloccato i manifestanti arrivati per creare torbidi al confine di Gaza (Egitto). E tutti guardano in realtà con un sospiro di sollievo allo smantellamento dell’arsenale nucleare di un nemico aggressivo e imperialista. Solo chi è accecato dall’antisemitismo, dall’odio per l’Occidente o dallo schieramento pregiudiziale a favore dell’integralismo islamico (almeno a parole) come Russia, Cina e vari paesi autoritari del Sudamerica ma soprattutto la sinistra europea (Spagna, Norvegia) e in particolare quella italiana, ha condannato l’azione israeliana.
Unanimità in Israele
Il governo israeliano, che aveva evitato proprio giovedì una insidiosa mozione di scioglimento del parlamento presentata dall’opposizione, che rischiava di essere approvata dai charedim, ora gode dell’appoggio di tutto lo schieramento parlamentare. Una prova di più che questa non è affatto la “guerra di Netanyahu”, come dicono anche personaggi ignoranti o in malafede del sistema politico europeo che pure si presentano ipocritamente come amici di Israele. È la guerra di tutto il popolo di Israele, guidata in maniera molto competente e astuta da un governo democraticamente eletto, per eliminare la minaccia terroristica. Ora la guerra è arrivata alla “testa del serpente” e se questo attacco avrà successo, potrà portare come conseguenza anche la pace che nessuno più degli israeliani desidera.
La strategia
Israele aveva tre obiettivi principali nell’attacco, una volta stabilita la superiorità aerea: disabilitare completamente il programma nucleare; distruggere la potenza convenzionale; ottenere un cambio di regime a Teheran, facendo sì che gli iraniani si liberassero del regime clerico-fascista degli ayatollah e riprendessero la loro libertà, come ha auspicato anche Netanyahu in un messaggio alla nazione persiana. Il secondo obiettivo è in parte raggiunto, ma richiederà ancora molto lavoro per essere realizzato in maniera sufficiente, com’è accaduto con la Siria. Bisogna ricordare che l’Iran ha circa otto volte la popolazione di Israele e quasi ottanta volte la sua superficie: questa enorme differenza di dimensione rende molto più lungo e difficile il compito di trovare armi e truppe nascoste. Il lavoro sul primo punto è iniziato bene, con danni molto gravi all’impianto atomico di Natanz; ma ve ne sono molti altri ufficiali e segreti, molto ben protetti. Lo smantellamento di Fordow è per esempio appena iniziato. È probabile che in certi casi ci sarà bisogno di forze speciali sul terreno, perché le bombe aeree non possono penetrare oltre un certo spessore. Per entrambi questi compiti la pianificazione israeliana, che è molto lucida e scientifica, ha previsto “almeno due settimane di bombardamenti”. Netanyahu ha allargato ancora, dicendo che Israele lavorerà “per tutto il tempo che ci vuole”. Potrebbe anche accadere che gli ayatollah decidano di tentare di colpire gli Usa, che hanno parecchie basi alla loro portata. Ma questo naturalmente provocherebbe una reazione americana che avvicinerebbe la loro fine.
In attesa della rivolta
Il terzo tema naturalmente è quello decisivo. Ci sono segni di sfaldamento del potere degli ayatollah, voci di fughe all’estero e contraddizioni politiche. Ma non può essere Israele a produrre la rivolta degli iraniani. Si sa che ci sono gruppi giovanili urbani (soprattutto donne) che hanno già tanto eroicamente testimoniato il dissenso negli anni scorsi e potrebbero tornare in piazza. Ci sono gruppi importanti colonizzati dallo stato iraniano: arabi sunniti sulla riva del Golfo, azeri nel nord, beluci (molto ben organizzati) all’estremo oriente del paese. Se e quando li vedremo prendere l’iniziativa, forse l’ora del regime sarà suonata. Ci potrebbe essere anche un colpo di stato di militari che non vogliono vedere a pezzi il paese. A seconda delle reazioni cambieranno anche gli obiettivi dell’azione israeliana. In caso di rivolta l’aviazione potrà aiutare gli insorti bombardando i miliziani del regime; se non vi sarà questa reazione, Israele si troverà probabilmente a dover mettere alle strette il regime attaccando le sue risorse economiche, innanzitutto pozzi e raffinerie di petrolio, porti civili, impianti elettrici e di trasporto. Comunque non bisogna aspettarsi una soluzione rapida. Siamo al momento decisivo della guerra, ma sarà un momento che ci terrà in tensione a lungo.