
Di chi è la colpa dei problemi umanitari?
La fase corrente della propaganda di Hamas è stata denominata dai loro sostenitori “campagna della fame”. Essa segue ad analoghe campagne sul “genocidio di Gaza”, sui pretesi “bombardamenti di scuole e ospedali”, di recente anche chiese, sui “bambini vittime di Israele”, sull’“occupazione” ecc. Queste diverse campagne, tutte imposte con straordinaria forza mediatica al pubblico occidentale, si sono accumulate l’una sopra l’altra, senza che nessuna fosse mai abbandonata, anche quando sono state smentite dai fatti. Il punto comune è il tentativo spesso riuscito sostituire nelle menti del pubblico l’analisi razionale della guerra iniziata da Hamas il 7 ottobre 2023 con l’accordo e il sostegno dell’Iran ed espansa poi su sette fronti (Gaza, Libano, Siria, Yemen, Giudea e Samaria, Iraq, Iran), con un preteso “disastro umanitario” causato da Israele. Hamas ha cioè sempre cercato di far credere che le conseguenze della guerra che ha scatenato e del modo in cui l’ha condotta ( nascondendo le sue truppe, le armi e le fortificazioni dietro la popolazione civile) non siano colpa sua ma di Israele. La causa del “disastro umanitario” di Gaza non sarebbe cioè il loro attacco a tradimento, senza provocazione; gli omicidi, gli stupri, i rapimenti del 7 ottobre; le decine di migliaia di missili che hanno sparato e quando possono continuano a sparare sulle città e i villeggi di Israele; la detenzione di rapiti vivi e delle loro salme; i tunnel scavati sotto scuole e ospedali; gli attacchi condotti con la copertura di civili. No, la causa sarebbe l’autodifesa di Israele, la sua determinazione a toglier loro le armi e il governo di Gaza per impedire la ripetizione dell’eccidio del 7 ottobre e degli attacchi che essi stessi proclamano di voler compiere fino a raggiungere il loro obiettivo che è la distruzione di Israele e l’eliminazione della sua popolazione ebraica: questo sì, è un genocidio, che essi ammettono di voler fare “finendo l’opera di Hitler” come dicono spesso i loro sostenitori.
Falsità
Questa “campagna della fame”, come le precedenti, si basa su falsità. Israele non ha mai bombardato apposta civili né gli ospedali; avverte la popolazione quando attacca per farla sgomberare, soprattutto non sta affatto usando “l’arma della fame”, tant’è vero che ha fatto entrare a Gaza finora 1,9 milioni di tonnellate di aiuti, una quantità di rifornimenti alimentari e non superiore a quella che gli alleati fornirono a Berlino assediata dai sovietici con un mitico ponte aereo nel 1948-49, con la differenza che Berlino era territorio alleato e Gaza è invece la base di nemici implacabili. Questo aspetto va sottolineato. Non era mai successo nella storia che un paese in guerra fornisse rifornimenti al nemico e anche alla sua popolazione civile prima che cessassero le ostilità, il territorio fosse conquistato, i nemici si arrendessero. Israele invece non solo ha permesso quasi sempre durante la guerra l’ingresso di rifornimenti attraverso le organizzazioni dell’Onu, che di fatto lo cedono direttamente a Hamas, ma ha di nuovo negli ultimi giorni consentito a diversi paesi non proprio amici (Egitto, Giordania) di lanciare soccorsi col paracadute. In particolare ha sostenuto e finanziato l’ americana Gaza Humeniarian Foundation che ha distribuito negli ultimi due mesi da quando è attiva oltre 100 milioni di pasti direttamente alle famiglie, saltando il pizzo di Hamas. Per questa ragione essa è oggi il principale nemico dei terroristi e delle organizzazioni dell’Onu che li appoggiano. Hamas ha sparato contro la popolazione che andava a ritirare i soccorsi, li ha maltrattati, umiliati e rapinati ma ha attribuito la colpa delle loro sofferenze a Israele. Fra le condizioni per un cessate il fuoco c’è l’arresto dell’attività della fondazione: una prova eloquente del suo interesse per l’alimentazione dei gazawi.
Le bugie dei madia e le immagini false
In questo rovesciamento delle responsabilità una colpa enorme va attribuita ai media. Le cifre delle vittime fornite dal “Ministero della salute di Gaza” che è una sigla della propaganda di Hamas, sono sempre state prese per vere senza verifica, anche se esistono numerosi studi che ne mostrano la falsità; così per il racconto assurdo secondo cui le truppe israeliane (e non i terroristi, come invece accade) ucciderebbero la gente in coda ai punti di rifornimento che Israele stesso ha istituito. Della “campagna della fame” fa parte la diffusione di drammatiche fotografie di bambini magrissimi e sofferenti, che sarebbero la conseguenza dell’uso dell’ “arma della fame” da parte di Israele. Si è ripetutamente provato che queste immagini in realtà sono state scattate altrove, per esempio in Yemen durante la terribile carestia che ha afflitto quel paese; o che riguardano soggetti gravemente ammalati per condizioni indipendenti dalla guerra, magari curati da Israele (uno in Italia). Lo stesso New York Times, dopo aver sparato una di queste fotografie in prima pagina è stato costretto ad ammettere (con una piccola nota incomparabilmente meno efficace sul piano mediatico) che il bambino sofferente ritratto era vittima di una malattia genetica e che dunque l’immagine era gravemente falsa e propagandistica. Chi in Italia ha ripreso quell’immagine non si è sentito neppure in dovere di pubblicare la smentita.
La sconfitta dei terroristi
La “campagna della fame” è però influente solo sulla percezione del pubblico, spesso riattivando antiche menzogne antiebraiche, come la medievale “calunnia del sangue”, per cui gli ebrei avrebbero ammazzato i bambini cristiani per impastare col loro sangue il pane pasquale. Ma sul piano della realtà politica e militare i terroristi stanno perdendo dappertutto. Non solo Hezbollah è fuori gioco in Libano, l’Iran è in gravissime difficoltà, ma anche Hamas ha perso due terzi del territorio di Gaza. È molto significativa la dichiarazione fatta a New York il 29 luglio dai più importanti stati arabi, inclusi tradizionali protettori di Hamas come il Qatar, che sostengono per la prima volta che Hamas deve cedere le armi e ritirarsi da Gaza cioè in sostanza arrendersi, come pure il rinnovato sostegno espresso da Trump alle operazioni israeliane.
L’illusione “progressista”
Ma l’opinione pubblica occidentale, in particolare quella “progressista” di matrice socialcomunista “democratica”, islamista ma spesso anche cattolica, non si accontenta della banale realtà in cui Israele, solo contro nemici dieci volte più popolosi e allenati al terrorismo, sta faticosamente prevalendo, battendosi con il sacrificio dei suoi ragazzi, badando a ridurre al minimo i danni collaterali che il nemico provoca con le sue tattiche di “guerra asimmetrica”, si occupa anche di tutelare minoranze oppresse come i drusi e sta così disegnando il quadro di un nuovo Medio Oriente più pacifico, prospero e vicino all’Occidente. È stato imboccata dai media di veleno antisemita, che emerge anche in numerosi episodi violenti in tutt’Europa, e vuole ad ogni costo che Israele, anzi il “mostro” Netanyahu che lo dirigerebbe solo per i propri interessi, sia punito.
Il “riconoscimento dello stato di Palestina”
I politici che fanno conto su questa base elettorale, cioè sostanzialmente i governi di sinistra e centrosinistra come in Spagna, in Belgio, in Inghilterra, in Canada, in Slovenia, soprattutto in Francia, hanno trovato un modo di soddisfare questa spinta creata dalla menzogne dei media. Hanno annunciato che puniranno Israele (e dunque naturalmente premieranno Hamas) “riconoscendo” lo “Stato di Palestina” all’assemblea dell’Onu di settembre. È un annuncio insensato sul piano giuridico, un puro esercizio retorico senza contenuti. Infatti, naturalmente non si può davvero “riconoscere” una cosa che non c’è. Ed è chiaro che uno stato di Palestina con un territorio preciso, il monopolio della forza, un’organizzazione politica funzionate non esiste, è una pura aspirazione dei palestinisti: oltre alla divisione fra Gaza sotto Hamas e Ramallah sotto Fatah, c’è la presenza israeliana in Giudea e Samaria decisa negli accordi di Oslo, di recente la dichiarata volontà di autonomia delle tribù com’è emerso a Hebron e anche a Gaza. Ma anche se si riconoscesse lo “Stato di Palestina” come “aspirazione”: in che territorio, con che confini, con che popolazione sarebbe concepibile questa aspirazione senza il consenso di Israele (che non c’è e non ci sarà a lungo)? E che stato diventerebbe la “Palestina” se non una base terroristica come Hamas ha ridotto Gaza? E questo riconoscimento poi che cosa vuol dire: ambasciatori a Ramallah? Trattati conclusi con un governo come quello dell’Autorità Palestinese, che controlla poco più del comune di Ramallah? Il diritto di voto all’Onu, che però dipende dal consiglio di sicurezza dove c’è il veto americano? No, si tratta solo di retorica elettorale interna, dell’adesione di politici privi di principi alla forza mediatica della “campagna della fame” e in genere della propaganda di Hamas. Una resa propagandistica cui per fortuna l’Italia per ora si è sottratta.