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    ISRAELE

    Lo scudo di luce che porta Israele nell’età delle guerre stellari

    Quattordici anni fa Iron Dome
    La data di ieri sarà ricordata sui manuali di storia (almeno quelli di storia militare) del futuro. Come dovrebbe essere ricordata quella del 7 aprile 2011, che invece molti hanno dimenticato. Il 7 aprile di quattordici anni fa infatti, fu dichiarato operativo il sistema antimissile Iron Dome (in ebraico Kippat Barzel, cioè cupola di ferro), capace di bloccare i missili a corta gittata come quelli che usava e usa ancora Hamas. Proprio un missile Grad lanciato da Gaza fu l’oggetto della prima intercettazione riuscita di Iron Dome, sempre il 7 aprile 2011. Ci si può solo immaginare come sarebbero state sanguinose le guerre terroristiche degli ultimi anni senza Iron Dome (e i sistemi successivi per missili a più lunga distanza, “David Sling”, cioè la “fionda di Davide” e “Arrows” , “frecce”) che sono stati usati per i missili balistici provenienti dall’Iran e dallo Yemen.

    Il nuovo sistema laser
    Ieri, 28 maggio 2025, c’è stato un progresso analogo. Le forze aeree israeliane hanno dichiarato operativo il sistema Iron Beam (trave di ferro) almeno nella sua versione leggera, chiamata Iron Blade (lama di ferro); ma il nome più chiaro è quello in ebraico “Maghen or”, cioè scudo di luce. Si tratta sempre di un sistema di intercettazione di missili, ma basato non su razzi che vanno a colpire il proiettile ostile e lo fanno esplodere, come facevano i sistemi precedenti, bensì su laser che lo distruggono grazie all’energia elettromagnetica che veicolano. Il laser, che molti conoscono perché lo hanno visto usare nei puntatori da conferenza o in certi giochi, sono raggi di luce coerente, cioè con una sola lunghezza d’onda, che hanno la proprietà di disperdersi molto poco, a differenza della luce normale di pile elettriche anche molto potenti. Per questa ragione possono veicolare molta energia. I normali puntatori laser da conferenza, che si comprano liberamente ma vanno usati con cautela per non fare danni se puntati direttamente negli occhi della gente, hanno una potenza fra 1 e 5 milliwatt. Una lampadina elettrica normale ha potenza fra i 25 e i 100 watt, alcune migliaia di volte tanto. “Maghen or” sviluppa una potenza di almeno 100.000 watt (la sua versione leggera 40.000), cioè 20 milioni di volte superiore, e se si focalizza su un missile è in grado di penetrare il metallo e farlo esplodere. Se vogliamo visualizzare il nuovo strumento in termini cinematografici, siamo vicini a “Starwars”.

    I problemi tecnici
    Detto così, sembra una cosa semplice da farsi. In realtà produrre un laser così potente e renderlo usabile per periodi relativamente lunghi e anche trasportabile da un aereo come Israele è riuscito a fare, è molto difficile. Bisogna poi che il raggio funzioni immediatamente a comando, senza periodi di latenza; che non si faccia disperdere da nuvole o fumi (è una questione di lunghezza d’onda ma anche di “ottica adattiva”, una tecnologia che consente di regolare i fasci laser in tempo reale), che sia capace di seguire la traiettoria di un missile che va a migliaia di chilometri all’ora per il tempo sufficiente (alcuni secondi), che sia gestibile da un radar e così via. Problemi complicatissimi sul piano tecnico, su cui lavorano parecchi stati, ma che Israele ha risolto per primo. Già alla fine dell’anno scorso, ha dichiarato il Ministero della difesa, “Maghen Or” ha abbattuto quattro droni di Hezbollah e in seguito è stato usato con successo in altre occasioni, anche da aerei da caccia. Ora è ufficialmente operativo.

    La rivoluzione della difesa
    I vantaggi sono parecchi: Il raggio laser viaggia alla velocità della luce, cioè colpisce subito senza tempi di lancio; impiega circa 4 secondi a distruggere un bersaglio e poi può passare al successivo; non esaurisce mai i proiettili né richiede tempo per essere ricaricato, perché non ha bisogno di razzi antimissile. Soprattutto un suo colpo costa tipicamente intorno ai 2 dollari contro gli 80.000 dollari del razzo Tamir usato da Iron Dome (per lo più in coppia, per cui ogni abbattimento costa 150.000 dollari). Per ora il sistema è efficace a una distanza di una decina di chilometri, per cui non è adatto ai missili balistici ipersonici. Ma naturalmente è probabile che questo limite sia esteso con la sperimentazione. Mentre nei quindici anni da Iron Dome la difesa era favorita sull’attacco, ma a costi molto alti e asimmetrici (un tipico missile di Hamas costa circa fra i 500 e i mille dollari, cento volte meno di un Tamir), ora le cose dovrebbero cambiare fondamentalmente, rendendo difficile e inutile il terrorismo dei missili. Un vantaggio accessorio, ma certo non indifferente per l’economia israeliana, è che esso è tutto prodotto in casa, non deve nulla agli americani e può essere facilmente venduto ai governi amici. Insomma, anche su questo piano vince la capacità innovativa della tecnologia e dell’economia privata israeliana (il sistema è prodotto dall’industria militare israeliana di punta, la Rafael).

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