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    ISRAELE

    Trump abbandona il G7: gli Usa pronti a intervenire a fianco di Israele?

    Il vertice interrotto
    Ha suscitato grande suspense in tutto il mondo la decisione di Donald Trump di abbandonare in anticipo di vertice del G7 in Canada, cioè di gran lunga la più importante riunione annuale dei leader del campo occidentale (o di ciò che a questo punto ne resta). Il presidente americano aveva già rifiutato di firmare una dichiarazione sottoscritta dagli altri sei capi di stato e di governo che chiedeva in termini generici un cessate il fuoco fra Israele e Iran, anche se dichiarava che agli ayatollah non doveva essere concesso di arricchire l’uranio e di costruire armi atomiche. L’abbandono della riunione però non è stato polemico, ma dettato dall’urgenza. E quando il presidente francese Macron ha suggerito che la ragione della partenza del suo collega americano fosse una trattativa di tregua, Trump ha risposto con un tweet sarcastico fino all’insulto: “Macron, amante della pubblicità, ha erroneamente affermato che ho lasciato il vertice per concordare un cessate il fuoco tra Israele e Iran. Sbagliato! Non ha idea del perché me ne sia andato, ed è qualcosa di molto più grande di un cessate il fuoco. Emmanuel si sbaglia sempre!”.

    Un prossimo intervento?
    Naturalmente nessun sa qual è la cosa molto più grande. Ma vi sono degli indizi. A Trump era stato chiesto prima se crede che Israele possa eliminare la minaccia nucleare iraniana senza l’aiuto degli Stati Uniti, e lui ha risposto: “La domanda non è rilevante. Qualcosa sta per accadere”. E l’ambasciatore americano in Libano ha detto che questo qualcosa “farà sembrare superata la vicenda dei cercapersona” (quando cioè Israele eliminò la dirigenza di Hezbollah con degli ordigni contenuti nei loro dispositivi elettronici). Sul piano dei fatti quel che sappiamo è che Trump ha ordinato alla portaerei più potente della flotta, la Nimitz, di accorrere velocemente dal Pacifico orientale dove si trovava e ha fatto accumulare in Europa un gruppo molto importante di aerei cisterna, necessari per consentire attacchi aerei a lunga distanza. A Diego Garcia, la base britannica nell’Oceano Indiano a distanza di volo dall’Iran, vi sono ancora molti grandi bombardieri. Vi sono anche indiscrezioni da Washington che dicono che l’intervento americano sia previsto in pochissimo tempo.

    Ultimatum
    Lo scenario più probabile è dunque che Trump abbia fatto pervenire agli iraniani un ultimatum (tutt’altra cosa dalla “ripresa delle trattative” ipotizzata dai soliti Qatar e Oman) in cui esige per chiedere a Israele di cessare il fuoco l’abbandono completo del programma nucleare e in sostanza il disarmo, che probabilmente porterebbe a un cambio di regime. Nel caso esso non fosse accolto, la minaccia è che gli Usa si unirebbero all’attacco israeliano. Ormai la strada per Teheran è spianata, come ha dichiarato il primo ministro Netanyahu, le prospettive di un contrattacco iraniano alle basi americane nel Golfo Persico sono poco realistiche, visto che il 40% dei lanciamissili sono stati già distrutti e anche i bombardamenti iraniani su Israele sono sempre meno massicci, anche se continuano a essere frequenti e pericolosi. Dunque l’intervento americano non sarebbe difficile e permetterebbe a Trump di intestarsi almeno parte della vittoria e di intervenire così a pieno titolo nel processo successivo di ristrutturazione del Medio Oriente che sarà lungo e complesso. Accumulerebbe così anche titoli per chiedere a Israele scelte non facili sulla sistemazione postbellica.

    La necessità dei superbombardieri
    L’intervento americano è certamente gradito a Israele, che sta prevalendo con le sue sole forze, ma si trova di fronte ancora l’ostacolo di un certo numero di basi atomiche iraniane (la più nota è Fordow) annidate a grande profondità nelle montagne, che probabilmente non possono essere distrutte dagli aerei israeliani perché essi non sono in grado di usare le bombe potentissime e pesantissime che solo i grandi bombardieri strategici americani possono trasportare. Senza di essi, sarebbe necessario che gli iraniani stessi distruggessero quelle basi (ma ci vorrebbe una rivoluzione che ancora non è iniziata) o servirebbe da parte di Israele un’azione di terra particolarmente difficile e pericolosa.

    Altri scenari
    Vi sono anche altre ipotesi, meno positive. È possibile che gli Usa abbiano segnali per un intervento a fianco dell’Iran di potenze nucleari come Cina, Russia o Pakistan – ma questo è stato ripetutamente escluso dallo stesso Trump. O è possibile che ci siano degli indizi di un estremo tentativo iraniano di montare una bomba atomica, che richiederebbe di essere immediatamente stroncato dall’intervento americano. Ma anche questa ipotesi non sembra realistica, dopo i bombardamenti di questi giorni. O potrebbe esservi l’ipotesi della preparazione di un colpo di stato a Teheran, garantito dagli Usa, di cui però non ci sono indizi.

    Una pace possibile
    Dunque lo scenario più probabile è che, forse già molto presto, i bombardieri americani si uniscano a quelli israeliani nel distruggere totalmente l’apparato atomico e missilistico e in genere l’armamento dell’Iran e obbligarlo alla resa e magari eliminare del tutto la dittatura clerico-fascita che l’ha oppresso per quarant’anni. Ciò porterebbe a una rapida fine della guerra non solo su questo fronte, ma anche in tutto il Medio Oriente. Senza più la testa, l’intera piovra da Gaza allo Yemen al Libano non avrebbe più la capacità di combattere. Si potrebbe pensare allora a come rendere stabile e proficua la pace. Questa campagna è un momento decisivo non solo per Israele e il Medio Oriente, ma per l’equilibrio politico complessivo del pianeta. La vittoria di Israele che si profila può essere una premessa per un mondo più pacifico, giusto e prospero, in cui l’aggressione non paghi.

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