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    ITALIA

    Il vento Pro-pal non soffia nelle Marche

    Chissà se tra vent’anni resterà un ricordo dell’immagine di Matteo Ricci, il candidato governatore di centrosinistra nelle Marche, quando dal palco avvolto nella bandiera bianco, nera, rossa e verde invocava il riconoscimento della Palestina come primo atto del consiglio regionale di Ancona. Appariva convinto di aver trovato la chiave di volta per vincere la competizione elettorale. Poi è arrivata la doccia fredda del risultato delle urne. Ma com’è stato possibile che il vento di Gaza non abbia travolto l’elettorato? Anzi che ad Ancona non si sia avvertito nemmeno un refolo? Colpa dell’effetto serra?
    Come in tutte le elezioni italiane, la regola non si smentisce mai: minoranze chiassose, a volte violente, e maggioranze silenziose, piazze piene e urne vuote, si diceva un tempo. In questa regione diventata d’un tratto il centro della politica internazionale, soprannominata l’Ohio d’Italia, come lo stato in bilico delle elezioni americane, che doveva riportare il centrosinistra a guardare a Palazzo Chigi, Gaza era troppo lontana per rilanciare l’economia, la piccola industria in crisi, il turismo. E così, tra le urla contro la guerra e le strade da rifare, la gente ha egoisticamente scelto le seconde.
    Ma siccome sbagliare è umano e perseverare è diabolico, Matteo Ricci fa proseliti. Il candidato di centrosinistra in Calabria Pasquale Tridico, dove si vota il prossimo week-end, ha annunciato che se vincerà approverà in consiglio regionale il riconoscimento della Palestina. Che, come ben possiamo immaginare, in Calabria è il problema numero uno. Chiaramente, in questo momento, il più preoccupato di un eventuale riconoscimento in tal senso è il premier israeliano Bibi Netanyahu, ma anche un po’ il presidente americano Donald Trump. Tanto che ieri, sollevati dalla sconfitta di Ricci ma angosciati dalla possibile vittoria di Tridico, hanno deciso di firmare l’accordo per poter mettere fine alla guerra a Gaza.
    Permetteteci un po’ di ironia in questi giorni piuttosto bizzarri. Perché, scherzi a parte, si resta esterrefatti a pensare che in questa vigilia di una possibile intesa in Medioriente, Maurizio Landini della Cigl proclami ancora l’ennesimo sciopero su Gaza sabato prossimo a Roma. Speriamo che questa volta la città non venga messa a ferro e fuoco come è successo a Milano da alcune frange violente. Ma anche se il vento gazawo sembra aver abbandonato l’elettorato italiano e anche un po’ le navi della Flotilla, nella speranza che si fermino in tempo per evitare incidenti, la linea non cambia. Senza Gaza, non ci sono argomenti. E se il conflitto finisce di che parliamo? Cosa contestiamo? Perché ce lo vogliamo dire? Non c’è miglior nemico di Israele anche quando vuole fare la pace.

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