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    ITALIA

    Israele non è solo. Migliaia di firme per l’appello contro l’antisemitismo e in difesa dello Stato ebraico

    In risposta alle manifestazioni annunciate per il 6 e 7 giugno – descritte da molti come iniziative “contro la guerra a Gaza” e “per fermare Israele” – un gruppo di giornalisti, intellettuali e personalità pubbliche ha lanciato un appello urgente contro quella che definisce una «grande menzogna su Israele» e una «diffusione sistematica di fake news», capaci di alimentare un antisemitismo di massa sempre più pericoloso e incontrollato.

    Il manifesto, pubblicato dal quotidiano Il Riformista grazie all’apertura del direttore Claudio Velardi, nasce dalla collaborazione di sette firme autorevoli: Fiamma Nirenstein, Nicoletta Tiliacos, Niram Ferretti, Iuri Maria Prado, Bruno Spinazzola, Aldo Torchiaro e lo stesso Velardi.
    L’iniziativa è frutto dell’urgenza di reagire a un clima che – sotto la maschera della protesta pacifista – fomenta odio e delegittimazione verso Israele, contribuendo a creare una frattura profonda nell’opinione pubblica. Come afferma Fiamma Nirenstein in un’intervista a Shalom: «Il mondo è diviso tra chi capisce e chi no. Una maggioranza segue, come un gregge impazzito, una narrazione distorta su Israele, veicolata da molti media».

    Nel documento si denuncia con forza come queste manifestazioni rappresentino un atto irresponsabile nei confronti degli ebrei di tutto il mondo. Si afferma che «le proteste contro Israele rischiano di armare l’opinione pubblica contro il diritto dello Stato ebraico a difendersi da chi ne vuole la distruzione, consentendo all’antisemitismo di dilagare senza freni, fino a minacciare la sicurezza di ogni ebreo».

    In pochi giorni l’appello ha raccolto oltre 5.000 adesioni, segnale di un consenso silenzioso che ora trova finalmente voce. L’obiettivo è non solo dire “basta”, ma anche ridare spazio a chi, fino ad oggi, ha avuto timore di esporsi a causa del clima di intimidazione e violenza che colpisce chiunque si opponga alla narrazione dominante. «Abbiamo riaperto il dibattito – spiega la giornalista – restituendo la parola a intellettuali e giornalisti che per troppo tempo sono stati messi a tacere».
    Il manifesto ricostruisce anche i fatti drammatici del 7 ottobre 2023, quando oltre cinquemila terroristi palestinesi hanno invaso Israele con l’obiettivo dichiarato di massacrare civili ebrei. «Le immagini delle decapitazioni e dei bambini bruciati vivi raccontano una brutalità che oggi molti vogliono dimenticare», si legge nel testo. «Manifestare contro la guerra a Gaza o per “fermare Israele” significa, nei fatti, chiedere la vittoria di Hamas, un’organizzazione terroristica che mira apertamente alla distruzione di Israele e del popolo ebraico» afferma ancora Nirenstein. «Chi oggi scende in piazza, avrebbe potuto – e dovuto – chiedere la liberazione degli ostaggi e la resa dei terroristi. Non lo ha fatto».

    L’appello condanna anche la campagna internazionale di delegittimazione contro Israele, culminata nei mandati di arresto richiesti contro il primo ministro Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant. Secondo gli autori del manifesto, questa operazione di propaganda non solo è priva di basi reali, ma serve a ribaltare la verità: «La volontà genocidaria non è quella di Israele, ma dei gruppi terroristici e dei loro sostenitori, a partire dall’Iran».

    Uno dei passaggi più forti del documento è il richiamo alla responsabilità morale: «Non si comprende quale possa essere la polemica contro Netanyahu, il cui obiettivo è riportare a casa gli ostaggi e garantire la sopravvivenza di Israele, non muovere guerra per ambizioni personali. Netanyahu non è un guerrafondaio, ma un uomo che difende il diritto alla vita di milioni di persone».

    Infine, il manifesto lancia un grido d’allarme per l’ondata crescente di antisemitismo mascherato da solidarietà: «L’antisemitismo – spiega Nirenstein – è un costrutto antico, usato da sempre come capro espiatorio nei momenti di crisi e paura. Oggi la fragilità dell’Occidente, il terrore della guerra, la confusione religiosa e la minaccia dell’islamismo aggressivo alimentano questo odio».

    «Si accusa Israele di colonialismo e di crimini inesistenti, mentre l’Occidente si autoassolve e proietta le proprie colpe su un bersaglio facile. Come scriveva Vasilij Grossman: “Dimmi di che cosa accusi gli ebrei e ti dirò di che cosa sei colpevole”». E l’ammonimento finale è netto: «Stiamo tornando a ondate terrificanti di antisemitismo come quelle che hanno portato alla Shoah. Se non ce ne rendiamo conto, la storia rischia di ripetersi».

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