
«Venezia, unico albergo a dì nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio de’ buoni […] città ricca d’oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù, sopra solidi marmi fondata, ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile» diceva Francesco Petrarca (Epistole, Seniles, Lettera a Pietro da Bologna 4 giugno 1364).
Sulla scia di queste parole e di questi valori quest’anno la Biennale del Cinema di Venezia ha proposto, oltre alla solita kermesse di pellicole, per ogni giorno dell’evento, una manifestazione a favore delle tante situazioni che creano sofferenza nelle varie parti del mondo.
Si è partiti dall’aggressione all’Ucraina, per passare alle persecuzioni degli Uiguri, alle minacce a Taiwan, agli eccidi di cristiani della Nigeria e di civili in Siria, agli Yazidi ridotti in schiavitù. La mobilitazione ha riguardato anche le stragi in Yemen, in Sudan e contro l’Iran per le oltre mille pene capitali eseguite da inizio anno. La penultima giornata tanta gente di sinistra, insieme a tutti gli attori impegnati, l’hanno dedicata a ricordare le sofferenze della popolazione palestinese dopo due anni di guerra. Infine un gigantesco sit in per richiedere il rilascio degli ostaggi e riaffermare il diritto di Israele a vivere in pace e sicurezza.
Tanta gente e nessun vessillo se non quello della bandiera della pace con la promessa di una serie di flottiglie da inviare a Odessa, nel mar della Cina, davanti lo stretto di Hormuz e sul mar Rosso.
NO. MI DISPIACE… Non è andata così. Così sarebbe stato credibile.
Di manifestazione, di tema, c’è ne è stato solo uno, il solito è sempre quello. Sempre e solo contro Israele, per loro l’unico male nel mondo. L’unica flottiglia verso le spiagge di Gaza.
Il miracolo è quindi rinviato, magari all’anno prossimo. Per quest’anno lo Stato ebraico rimane il pedicello purulento da schiacciare e cancellare dalla storia, così d’improvviso sarebbe come se non fosse mai esistito: che meraviglia!
Ed allora io, come diceva il citato poeta: “Non sono né vivo né sano, né morto né malato; allora soltanto comincerò a vivere e a star bene, quando troverò l’uscita di questo labirinto” (Epistole ai familiari – Familiares).
Ma usciremo dal labirinto: ve lo garantisco!