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    Una targa per ricordare l’ingiusta espulsione di magistrati, avvocati e personale giudiziario di religione ebraica

    Presso la Corte d’Appello di Roma, questa mattina si è svolta la cerimonia per lo scoprimento della targa in ricordo dei magistrati, degli avvocati e del personale giudiziario che furono dispensati dal servizio e radiati dall’albo a seguito delle Leggi Razziali.

    “Ritrovarci quest’oggi, significa dare un segnale forte che proprio nei momenti di maggiore difficoltà e di maggiore sofferenza per l’intero paese che occorre fare appello ai valori sui quali si fonda la nostra democrazia repubblicana”, ha affermato Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica. Ricordando come il gesto di oggi sia “importante e solenne – ha detto il Presidente del Senato – perché ci costringe ancora una volta fare i conti con la nostra storia, per noi è un obbligo morale e a maggior ragione per i rappresentanti delle istituzioni del nostro Paese”. 

    La stessa Alberti Casellati si è detta colpita dalle storie delle donne e degli uomini di legge perseguitati dal regime fascista. Il Presidente del Senato ha inoltre ricordato la tragica storia, e comune a centinaia di persone, dell’uditore giudiziario Mario Finzi, che dopo essere stato radiato, ha insegnato nella scuola ebraica, prima di essere arrestato e deportato ad Auschwitz dove morì nel febbraio 1945.

    “Questa non è retorica commemorazione, è l’esercizio di quella che è stata definita una memoria attiva, secondo i principi di verità e secondo i principi di responsabilità”, ha sottolineato Casellati, “su questa memoria sono state poste le basi della nostra costituzione repubblicana, in queste testimonianze, in questi sacrifici risiede il suo valore perenne”. Ha concluso citando la Senatrice a vita Liliana Segre sull’importanza della memoria legata con la fondazione della Repubblica.

    A prendere la parola anche Giuseppe Meliadò, Presidente della Corte di appello di Roma, che ha ricordato l’importanza di questa giornata, con il quale si cerca di “riparare ai torti subiti, non solo con la giustizia degli uomini ma anche con la forza del ricordo”.

    L’Avvocato Antonino Galletti, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ha aperto il suo intervento ricordando Primo Levi e ricordando la tragica data del 13 dicembre 1939, nel quale espulsi dall’Albo furono discriminati ed iscritti nell’elenco aggiunto che veniva definito l’“Albo dei Procuratori e dei professionisti di razza ebraica discriminati”.

    “Oggi pomeriggio il Consiglio dell’Ordine assumerà un provvedimento con il quale verranno annullati tutti i provvedimenti discriminatori assunti” ha affermato l’Avvocato Galletti, il quale ha ricordato come l’Ordine si impegnerà “a rendere attuale il messaggio, la testimonianza, perché fatti del genere non si ripetano più e perché non ci siano più discriminazioni”.

    La targa e la delibera da parte del Consiglio dell’Ordine ha detto la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, “non cancelleranno quanto avvenuto, quando ancora oggi riemerge con nostalgiche negazioni, ma certamente ne esprimono il chiaro disconoscimento e rigetto”.

    Il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello ha ricordato come di quanto accaduto ci sia un “ferita incancellabile e indelebile nella memoria della comunità ebraica e dell’intera società italiana, che oggi in qualche modo rimette un po’ d’ordine su quello che è giusto e quello che non è stato giusto”. La Dureghello ha ricordato inoltre il suo predecessore Ugo Foà, anch’esso radiato dall’Albo, affermando inoltre come “l’apposizione di una targa in memoria di questa triste pagina della nostra storia, è un atto certamente riparatore ma che non può retroattivamente cambiare la storia”. Ha concluso l’intervento dedicando la mattinata a un giovane giurista, Daniele Foà, pronipote dell’allora Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ugo Foà, che nonostante le tragiche vicende familiari “è oggi un italiano libero che si dedica a perseguire la giustizia”.

    A chiudere la serie di interventi prima dello scoprimento della targa il Capo Rabbino di Roma Riccardo Di Segni, il cui nonno Elia Di Segni, fu Cancelliere al Palazzo di Giustizia, che “una mattina si recò come sempre al suo ufficio e sulla scrivania trovò una busta nella quale c’era la lettera in cui veniva praticamente deposto dal suo incarico” ha raccontato Rav Di Segni che ha sottolineato come nessuno ebbe il coraggio di consegnargliela direttamente

    Ha fatto notare inoltre l’estrema precisione dell’organizzazione della burocrazia di Stato nell’applicazione di questi decreti, e “ognuno di questi decreti portava la firma di sua maestà Vittorio Emanuele III” il quale “ha firmato uno per uno i documenti di espulsione”.

    Ha ricordato come quella avvenuta fu “una persecuzione sistematica, perfettamente organizzata ed efficiente”. Concludendo ha voluto soffermarsi sulla gravità degli atti perpetrati dal regime, che offesero “la dignità di coloro che hanno dedicato la loro vita alla costruzione di questo Stato, alla partecipazione civile e che si trovarono ad essere da un momento all’altro come dei cittadini reietti”.

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