
“Cerca di vivere la tua vita”: queste sono state le ultime parole che ha pronunciato la madre di Margot Benheim prima di essere arrestata a Berlino dalla Gestapo insieme al fratello Ralph nel gennaio 1943. Una borsa, una rubrica, una collana di ambra e il messaggio per la figlia affidato a persone amiche. Margot ha 21, è sola e comincia a scappare cercando rifugio e cambiando nascondiglio di frequente, ma non è sufficiente: dopo 15 mesi anche lei viene arrestata e mandata al campo di Theresienstadt. Sopravvive, dopo la liberazione sposa Adolf Friedlander, anch’egli sopravvissuto alla Shoah, che conosce durante il suo lavoro al Centro Culturale ebraico di Berlino.
Nel 1946 si trasferiscono a New York. Solo nel 2003, dopo la morte del marito, Margot tornerà per la prima volta a Berlino: un breve soggiorno per partecipare alle riprese di un documentario intitolato: “Non chiamatela nostalgia”. Spiegava Margot: “trascorsi a Berlino il tempo necessario per realizzare che volevo tornare in una città che sentivo mia, in strade che cominciavano a riemergere dall’oblio. Non ricordavo tutti i luoghi in cui ero stata ma in un appartamento abitava ancora una mia coetanea, nipote dei coniugi che mi avevano nascosta e con cui ero rimasta in contatto”. Sono trascorsi sette ulteriori anni per riportare Margot nella città natale e farle decidere di dedicare gli ultimi anni della vita alla testimonianza.
“Oggi mi sento una berlinese, ma per lunghi anni mi sono sentita apolide: mi avevano privata di tutti i miei beni e di tutti gli affetti, ero diventata un numero, ma dopo cinque anni trascorsi negli Stati Uniti ero diventata una cittadina americana. I miei nonni paterni e materni erano molto religiosi, mi piaceva trascorrere le feste con loro, ho frequentato una scuola ebraica. Non eravamo sionisti ma ebrei a tutto tondo. Mio fratello faceva pugilato nel Maccabi Berlino ed io ero iscritta all’associazione sportiva Bar Kochba dove ero impegnata in varie discipline”. Nel 2013 è uscito il suo primo libro autobiografico: l’ha scritto interamente di notte, “con l’oscurità – diceva – riesco a ritornare indietro nel tempo e raccontare gli anni più buoi del genere umano, della non vita della Shoah”.
Se n’è andata a 103 anni la graziosa Margot, testimone infaticabile della Shoah, la ricorderemo con gratitudine e non dimenticheremo il suo sorriso dolce sulla copertina di Vogue Deutsch nel numero di luglio-agosto 2024.