
Le autorità algerine hanno proceduto alla demolizione dell’ex sinagoga “Shalom Lebahar“, un edificio storico situato nel quartiere Babal-Wadi di Algeri. Secondo quanto riportato dai media locali, la struttura versava da tempo in condizioni precarie e rappresentava un potenziale pericolo per i passanti e per gli studenti di una scuola nelle immediate vicinanze.
Costruita nel 1894 su un terreno donato da Shlomo Lebahar, membro influente della comunità ebraica dell’epoca, la sinagoga ha rappresentato per decenni un punto di riferimento per gli ebrei algerini. La sua funzione religiosa è terminata nel 1962, in seguito all’indipendenza dell’Algeria dalla Francia, quando gran parte della popolazione ebraica lasciò il Paese.
Dopo l’esodo, molte sinagoghe furono convertite in moschee, scuole o centri culturali. L’edificio di Shalom Lebahar fu riconvertito in una sala per eventi, ma negli anni ha subito un progressivo abbandono e degrado, motivo per cui il rischio di crollo era ormai troppo elevato per giustificarne la conservazione.
Negli anni recenti, alcuni discendenti degli ebrei algerini, con il sostegno di un’ambasciata straniera (la cui identità non è stata resa nota), hanno cercato di bloccare l’abbattimento dell’edificio, riconosciuto come parte del patrimonio storico della comunità. Sebbene tali iniziative abbiano inizialmente rallentato il processo, non sono riuscite a impedirne la demolizione definitiva.
Dalla ricca e radicata presenza ebraica che per secoli ha abitato città come Algeri, Orano e Costantina, oggi rimangono solamente poche tracce. Secondo stime recenti, la comunità ebraica residente in Algeria si è ridotta a meno di 60 persone, distribuite in modo sparso e spesso non visibile nella vita pubblica.
La vicenda ha suscitato, dunque, reazioni contrastanti, tra chi sottolinea la necessità di garantire la sicurezza pubblica e chi lamenta la perdita di un importante patrimonio culturale che rischia di scomparire del tutto, insieme alla memoria di una convivenza che, per secoli, ha segnato la storia algerina.