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    Lavrov e i vecchi vizi dell’antisemitismo

    Ci risiamo con i vecchi vizi dell’antisemitismo: il negazionismo e la sindrome di Stoccolma. A riportarci indietro nella Storia, sono le parole del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov pericolose perché – dice chiaramente la presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello –“riscrivono la storia sul modello dei Protocolli dei Savi di Sion, il fondamento della letteratura antisemita moderna creato nella Russia zarista”. E la riscrivono cercando di adombrare il dubbio che gli stessi ebrei possano aver provocato e collaborato con la Shoah. È la vecchia teoria dell’attrazione vittima-carnefice che tanto spazio trova anche nella letteratura e nella filmografia trash in cui “i peggiori antisemiti sono ebrei” dice Lavrov. 

    È ora di dire basta. Hitler non era ebreo, non aveva origini ebraiche, si diceva anche di Heydrich che fu l’artefice della conferenza di Wannsee dove si programmò la soluzione finale. Gli ebrei non hanno collaborato alla Shoah, semplicemente l’hanno subita, non potevano fare altrimenti e ci sono esempi di resistenza come la rivolta del Ghetto di Varsavia. Nessuno fuggiva dai vagoni della morte perché come spiegava sempre Piero Terracina i nazisti avevano chiaramente detto che avrebbero ucciso i familiari se qualcuno avesse tentato la fuga. 

    Ma c’è un altro aspetto che viene dal passato ed è quello del capro espiatorio. In un’eterna confusione di ruoli, Lavrov rilancia quello che per secoli ha fatto l’impero zarista: ovvero attaccare gli ebrei, in questo caso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che a suo dire “guida un paese infestato dai nazisti”. Nell’universo parallelo di Lavrov, quindi, ancora una volta vittime e carnefici collaborano in Ucraina. Anche se oggi non ci sono più i cosacchi a perpetrare i Pogrom ma – secondo Lavrov – i nazisti del battaglione Azov. 

    La reazione di Israele non si è fatta attendere e il ministero degli esteri da parte sua ha convocato l’ambasciatore russo a Tel Aviv per “chiarimenti” su quelle che il ministro Yair Lapid ha definito dichiarazioni “imperdonabili e oltraggiose”, oltre che “un terribile errore storico”. “Il più basso livello del razzismo contro gli ebrei – osserva – è accusare gli ebrei stessi di antisemitismo”.  

    E code polemiche continuano anche oggi. Per Mosca, le parole di Lapid spiegano il sostegno di Israele a Kiev e, in risposta all’Italia, la portavoce del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova risponde che “l’iniziativa di condurre l’intervista non è venuta dal ministero degli Esteri russo, ma da giornalisti italiani”. 

    Un botta e risposta dopo le accuse del presidente del Consiglio Mario Draghi. “In Italia c’è libertà di esprimere le opinioni – ha detto Draghi – anche quando sono palesemente false e aberranti. Quello che ha detto Lavrov è aberrante. E per quanto riguarda la parte riferita a Hitler, è davvero oscena”. 

    Oscena e non solo. Permane una grande tristezza al pensiero che un ministro della nazione che il 27 gennaio 1945 liberò Auschwitz possa ricorrere a trucchi da baraccone e revisioni storiche meschine semplicemente per giustificare l’aggressione ad un’altra nazione. 


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