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    Le parole “partiamo, vieni con noi” iniziano un dialogo tra Moshè e il suocero Yitrò, dopo la rivelazione del Sinai e con le tribù in ordine di marcia.

    Pronti a partire per la terra di Canaan, “Mosè disse a Chovàv (cioè Yitrò perché aveva più di un nome), figlio di Re’uèl il midianita, suocero di Mosè: noi ci mettiamo in viaggio verso il luogo del quale l’Eterno ha detto: Io ve lo darò. Vieni con noi e ti faremo del bene, perché l’Eterno ha promesso buone cose ad Israele […]” (Bemidbàr, 10:29).

    R. Meir Leibush Wisser (Ucraina, 1809-1879), detto Malbim dalle sua iniziali, nel suo commento Ha-Torà ve-ha-Mitzvà spiega che Chovàv e Yitrò erano la stessa persona, perché era uso dare ai proseliti un nuovo nome come è scritto nel libro del navì (profeta) Yesha’yà (Isaia, 65): “e ai suoi servi darà un altro nome”.  

    Nel Midrash Sifrè, R. Shim’on bar Yochai dice che Yitrò aveva due nomi: Yitrò e Chovàv ed entrambi i nomi avevano un significato.  Si chiamava Yitrò perché per suo merito era stata aggiunta alla Torà una parashà in più (In ebraico “yotèr” significa “di più”). E si chiamava Chovàv perché gli era cara la Torà (“chavìv” significa caro) perché non abbiamo trovato tra tutti i proseliti nessuno al quale la Torà fu cara come per Yitrò. E come la Torà fu cara ad Yitrò così fu cara ai suoi discendenti.

    Sui discendenti di Yitrò troviamo un passo presso il navì Yirmeyà (Geremia, 35: 18-19) dove è scritto: “E alla famiglia dei rekhabiti Geremia disse: Così dice l’Eterno degli eserciti, il Dio d’Israele: Poiché avete ubbidito all’ordine di Yehonadàv, vostro padre, avete osservato tutti i suoi precetti e avete fatto tutto ciò che vi aveva prescritto, così dice l’Eterno degli eserciti, il Dio d’Israele: A Yehonadav, figlio di Rekhav, non verrà mai a mancare qualcuno che stia sempre davanti a me” (nel Bet ha-Mikdàsh).

    Riguardo alle parole “che stia davanti a Me”, R. Yehoshua’ nel succitato Midràsh chiede come sia possibile che dei proseliti entrino nel Bet Ha-Mikdàsh dove possono entrare solo i kohanìm. E risponde che i discendenti di Yitrò divennero membri del Sanhedrin (dove vi dovevano essere dei kohanìm) oppure che le loro figlie erano sposate a dei kohanìm.  E così pure avvenne con i discendenti di Rachàv “la locandiera” che nascose le spie inviate da Yehoshua’ a Gerico. R. Eli’ezer disse: “Tra i discendenti di Rachàv vi furono otto kohanìm e otto profeti. Chi furono i profeti? Yirmeyà (Geremia), Chilkiyàhu, Shariyà, Machassià, Barùkh, Neriyà, Chanamèl e Shalùm. R. Yehudà aggiunge anche la profetessa Chulda. E osserviamo questa meraviglia: Rachàv era canaanita e riguardo ai canaaniti era stato comandato di non risparmiare nessuno. E per merito che si avvicinò alla Torà e divenne proselita così l’Onnipresente la avvicinò”. Nello stesso Midràsh è detto: “E così pure avvenne con Rut la Moabita. Cosa disse alla suocera? «… Il tuo popolo è il mio popolo, e il tuo Dio è il mio Dio, dove morirai, morirò e li verrò seppellita, così mi faccia l’Eterno e così m’aggiunga perché solo la morte ci separerà» (Rut, 1:16-17). L’Eterno disse: Non hai perso nulla. Il regno è tuo in questo mondo e nel mondo a venire […]. E Rut la moabita non morì prima di vedere il suo discendente Shelomò (re Salomone) sul trono […]”.

    E non solo i discendenti di coloro che amavano la Torà e si fecero proseliti ed ebbero discendenti di spicco. Nel Talmud babilonese (Sanhedrin, 96b) i Maestri insegnarono: “Vi furono discendenti di Siserà (il generale canaanita sconfitto da Avino’am e Devorà) che studiarono Torà a Yerushalaim; vi furono discendenti di Sancherìv (il re assiro che cercò di conquistare Yerushalaim), che insegnarono Torà in pubblico e costoro furono Shemayà e Avtalyòn, capi del Sanhedrin. Vi furono anche discendenti di Hamàn che studiarono Torà a Benè Beràk”.

    R. Yehudà Loew (Poznan, 1520-1609, Praga) detto Maharal di Praga, in Netzach Israel (capitolo 7) spiega che coloro che hanno grandi doti, derivano queste forze dall’Eterno e quindi hanno anche un contenuto di kedushà (santità). Pertanto in alcuni casi  succede che a queste personalità o ai loro discendenti questa kedushà faccia sì che salgano a livelli superiori anche nella Torà.   


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