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    R. Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divré Aggadà (p. 166) cita un midràsh (Shemòt Rabbà, 23:4) dove è detto: “Dal giorno in cui il Santo
    Benedetto creò il mondo fino a quando gli israeliti si fermarono dopo aver
    passato il Mar Rosso, non abbiamo trovato nessun essere umano che abbia
    intonato un cantico al Santo Benedetto altro che Israele. Egli creò il primo
    uomo e non intonò un cantico. Egli salvò Avraham dalla fornace infuocata [nella
    quale era stato gettato dal re Nimrod perché aveva propagandato il monoteismo]
    e dai [quattro] re [venuti dalla Mesopotamia che inseguì fino al nord delle
    terra d’Israele e li sbaragliò con soli 318 uomini dopo che i re avevano
    sconfitto i cinque re della valle del Giordano] e non intonò un cantico. Così
    pure Yitzchàk [fu salvato] dal coltello [quando stava per essere sacrificato
    sul monte Morià] e non intonò un cantico. Anche Ya’akov [fu salvato]
    dall’angelo, da Esau e dagli uomini di Shekhém e non intonò un cantico. Quando
    invece gli israeliti passarono il mare che si era aperto di fronte a loro [e
    aveva invece ingoiato l’esercito egiziano] intonarono immediatamente un cantico
    al Santo Benedetto, come è detto: “Allora cantò Moshè e i figli d’Israele”.

                    Rav
    Joseph Beer Solovetchik (Belarus,
    1903-1993, Boston) commenta che l’uomo pur riconoscendo la inadeguatezza nel
    lodare l’Eterno, offre la lode in modo istintivo. Moshè e gli israeliti dopo il
    grande miracolo non riuscirono a controllarsi e il loro canto fu spontaneo.

                    Rav Elyashiv
    disse che vi sono altri due cantici che hanno qualcosa in comune con il cantico
    del mare. Il secondo è quello che fu intonato dai figli d’Israele dopo che
    videro il miracolo che l’Eterno aveva fatto loro salvandoli da un’imboscata
    degli Emoriti.

                    Rashì
    (Francia, 1040-1105) spiega che
    quando gli israeliti viaggiavano per entrare nella Terra Promessa, si
    apprestarono a passare per una stretta vallata costeggiando il territorio dei
    Moabiti. Gli Emoriti si erano nascosti nelle caverne circostanti per tendere
    un’imboscata al popolo gettando su di loro dei massi. Miracolosamente vi fu un
    terremoto che schiacciò gli Emoriti. Quando gli israeliti arrivarono nella
    vallata videro cosa era successo e come erano stati salvati. “Riguardo [a ciò
    che avvenne in questi luoghi] nel libro delle guerre dell’Eterno si dice: il
    dono del Mar Rosso e i fiumi di Arnon; […] quando [il monte] si spostò nella
    direzione di ‘Ar e si appoggiò al confine di Moav; […].  Allora Israele intonò un cantico […] (Bemidbàr, 21: 14-18).

                    Il terzo cantico che
    ha qualcosa in comune con il cantico del mare fu quello della profetessa Devorà
    quando gli israeliti condotti da Barak figlio di Avino’am con diecimila uomini
    delle tribù di Naftali e di Zevulun sconfissere i canaaniti del re Yavin che li
    aveva asserviti per tanti lunghi anni. I canaaniti condotti dal generale Siserà
    scesero con novecento carri di ferro e tutto il resto dell’esercito radunato da
    Charoscet Goim fino al torrente Kishon. “In quel giorno, Devorà cantò questo
    cantico con Barak, figlio di Avino’am: ‘Perché dei capi si son messi alla testa
    del popolo in Israele, perché il popolo s’è mostrato volenteroso, benedite
    l’Eterno!”…” (Shofetìm, capitoli 4
    e 5).

                    R. Elyashiv spiega il
    motivo per cui prima del miracolo del Mar Rosso, nessun altro intonò un cantico
    al Santo Benedetto. Quando Avraham sconfisse i quattro re che avevano
    conquistato Sodoma, e liberò il nipote Lot che era stato preso prigioniero, non
    elevò un cantico al Santo Benedetto perché la battaglia non era stata una
    spedizione punitiva. Il solo scopo era stato quello di salvare Lot e così pure
    in tutti gli altri casi nessun malvagio era stato punito. Solo quando gli
    israeliti passarono nel mare all’asciutto e videro che gli egiziani erano stati
    puniti, misura per misura, per tutto il male che avevano fatto a loro durante
    le centinaia di anni di schiavitù, allora sì che intonarono un cantico. Così
    avvenne anche per il cantico di Arnon e per il cantico di Devorà. Il cantico è
    appropriato quando si vede che i malvagi vengono puniti come è detto nel Tehillìm (Salmi, 58:11): “Gioirà il
    giusto quando vedrà la punizione”. 

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