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    Tre giorni dopo l’assalto terroristico di Hamas del 7 ottobre, il famoso documentarista e regista israeliano Duki Dror ha visitato il luogo in cui è avvenuto il massacro del Nova Festival. A quattro mesi da quella visita, ha debuttato negli Stati Uniti il documentario realizzato da Dror dal titolo: ‘Supernova: The Music Festival Massacre’. “È stato davvero difficile questo documentario per me. – ha detto Dror al Times of Israel – Penso che sia il film più complicato che io abbia mai girato. Ho fatto altri documentari nella mia carriera, eppure questo è stato davvero duro emotivamente per me”.
    Il documentario dura poco meno di un’ora e trasmette tutto il terrore del massacro al rave. Un momento di buio totale che arriva improvvisamente mentre i ragazzi israeliani ballano e si divertono. Tutto d’un tratto, inaspettatamente, migliaia di terroristi di Hamas lanciano un assalto diffuso nel sud di Israele, massacrando 1.200 persone, la maggior parte dei quali civili, e rapendo 253 innocenti. Mentre contemporaneamente venivano commessi orribili atti di brutalità: stupro, tortura, smembramento e mutilazione. La furia al festival ha portato alla morte di 360 giovani e al rapimento di 40.
    “Supernova” è stato proiettato la scorsa settimana al Judy Levis Krug Boca Raton Jewish Film Festival. Il documentario è stato presentato lo stesso giorno a Washington e verrà proiettato nei prossimi giorni a Filadelfia e a New York.
    “C’è molta attesa anche per l’Europa. Abbiamo appena iniziato la distribuzione negli Stati Uniti e fino ad ora, le poche proiezioni fatte hanno riscosso successo nel pubblico – ha condiviso il regista- Sentivo che era mio dovere raccontare la storia di quelle persone, mostrare al mondo che questo è quello che è successo. È importante mostrare la verità, specialmente quando ci sono così persone che negano quanto accaduto”.
    Il film racconta la storia del massacro concentrandosi particolarmente sulle testimonianze di sei sopravvissuti del Festival, tutti ragazzi giovani, oltre ad coppia più adulta, un padre con figli rapiti – e poi rilasciati- ed infine un poliziotto che è riuscito a mettere in salvo 50 persone.
    Tra i sopravvissuti appare Michal Ohana, una veterinaria di 27 anni, che racconta nel documentario di essersi nascosta dai terroristi sotto un carro armato, accanto a lei le sue amiche torturate. “Mi sono detta: Rimarrò viva, non morirò qui. Ho recitato la preghiera dello Shemà” ricorda Ohana nel documentario.
    Ma c’è anche la testimonianza di Gali e Amit Amar, entrambi studenti, che si sono nascosti dalla carneficina in un bagno.
    “Lo spazio era stretto, aveva un cattivo odore”, dice Amit davanti alla telecamera. “Non riuscivo a muovermi. Da fuori provavano a spararci. Ci siamo nascosti sul pavimento, pregando che non aprissero la porta”. Non solo testimonianze dirette della tragedia del 7 ottobre ma anche video provenienti da TikTok e da filmati privati dei terroristi di Hamas rinvenuti nelle GoPro successivamente. Uno di questi mostra i terroristi che sparano violentemente contro un’auto mentre le persone senza vita giacciono dentro.
    Viene riprodotta inoltre una tragica conversazione telefonica tra il padre Ilan Regev e sua figlia Maya. E poi, la testimonianza del sergente maggiore Hananya Benjamin di Ofakim, che appena appresa la notizia si è precipitato sul luogo in cui stava avvenendo il massacro.
    “C’erano auto abbandonate – molte a destra, molte a sinistra, inghiottite dalle fiamme. – racconta Benjamin – Una volta arrivato lì ho visto davanti ai nei occhi la scena di un vero massacro”. I protagonisti del documentario mostrano, scena dopo scena, l’impatto che quella giornata ha avuto sulle loro vite.
    “Ho pianto molto di fronte a così tanto male, a così tanto dolore gettato su questi giovani innocenti che cercavano solo pace, amore, musica e libertà. È impossibile non soffrire. Sento che ora questa è la mia missione, portare queste testimonianze in giro per il mondo” ha concluso il regista.

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