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    Esiliati, incarcerati, perseguitati. Sono i nuovi dissidenti di Russia, Cina, Hong Kong, Tibet, Bielorussia, Turchia e Iran. Donne e uomini semplici e straordinari che con la forza della parola e dell’esempio hanno denunciato genocidi, violenze di Stato, abusi. 

    Gianni Vernetti riesce, nel suo nuovo libro Dissidenti (Rizzoli) a tracciare una precisa geografia del dissenso, spiegando con passione perché la battaglia per i diritti umani, lo stato di diritto, la libertà delle donne debbano essere raccolte dai Paesi liberi. 

    Shalom lo ha incontrato.


    Ci può raccontare del suo nuovo saggio “Dissidenti”? Cosa l’ha spinta a scriverlo

     

    Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un crescente confronto fra democrazie e autocrazie ed è cresciuta la minaccia per il mondo libero da parte dei regimi di  Russia, Cina e Iran.

    Troppi anni di appeasment, realpolitik e relativismo culturale ne confronti di questi regimi ci hanno fatto perdere di vista i rischi per i nostri sistemi democratici. L’invasione russa dell’Ucraina non è altro che un capitolo drammatico di un confronto iniziato da tempo.

     

    Cosa chiedono i tanti dissidenti che ha incontrato?

     

    I regimi, le dittature e le autocrazie non sono immutabili nel tempo e possono anche cadere. Il desiderio di libertà e di democrazia è più forte di qualunque oppressione, non ha limiti spazio-temporali e travalica questioni etniche, culturali, storiche e geografiche.

    Ma il «cambio di regime» delle ultime satrapie del pianeta dipende anche da noi, dal mondo libero.

    Quando Natan Sharansky nel 1986 esce dal carcere e gli è finalmente permesso di lasciare l’Unione Sovietica per andare in Israele insieme alla moglie Avital, incontra il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e gli ricorda che «quando eravamo in cella e sentivamo che vi battevate per noi, capimmo di non essere più soli e che la sorte dei nostri carcerieri era segnata».

    Questo il motivo per il quale ho scritto questo libro. Evitare che i tanti, nuovi dissidenti nelle carceri dei regimi dittatoriali o in fuga e in esilio dalle autocrazie di Cina, Russia, Bielorussia, Iran, Siria e Turchia vengano dimenticati o addirittura cancellati da una storia riscritta a piacimento dai regimi stessi. Ma raccontare le loro storie è solo un primo passo.

     

    Cosa dovrebbero fare le democrazie per contrastare le dittature?

     

    «Usate la vostra libertà per promuovere la nostra » diceva la leader democratica birmana Aung San Suu Kyi, per invitare il mondo libero a globalizzare non solo le merci, ma anche i diritti.

    Ho provato quindi a dare la voce a donne e uomini che hanno pagato con il carcere e con l’esilio il loro dissenso, che si sono ribellati a regimi, dittature, soprusi e ingiustizie, provando poi a mettere a fuoco quali possano essere le politiche più efficaci per non abbandonare chi si oppone e sul come diffondere democrazia e stato di diritto.

    Li ho incontrati quasi tutti lontani dalle loro case: fra le montagne dell’India che ospitano la diaspora tibetana; nell’isola cinese democratica di Taiwan, rifugio dei profughi di Tienanmen ieri e di Hong Kong oggi; nella piccola e combattiva Lituania, che forse più di ogni altro Paese europeo ha conosciuto il dramma dei totalitarismi del Novecento diventando oggi l’approdo sicuro della dissidenza russa e bielorussa. E tutti ci chiedono la stessa cosa: occorre globalizzare i diritti, non solo le merci.

     

    Nel suo volume lei parla molto dei rischi di riscrittura della storia da parte dei regimi. Può parlarcene?

     

    Garry Kasparov, il grande scacchista e dissidente russo, me lo ha ricordato in uno dei nostri incontri, citando un vecchio proverbio sovietico: «Noi russi viviamo in un Paese con un passato imprevedibile…». 

    Manipolare il passato per controllare il presente è una costante delle dittature, come ben sanno tanto Xi Jinping quanto Vladimir Putin.

    Pensi soltanto alle manipolazioni storiche realizzate da Putin per giustificare l’invasione dell’Ucraina: ha negato l’esistenza stessa dell’identità ucraina con ricostruzioni storiche false; ha inventato massacri e persecuzioni inesistenti della minoranza russa nel Donbass; ha parlato dell’assurdo bisogno di “de-nazificare” l’Ucraina, un paese libero, democratico, con stato di diritto.

    Cultura

    Gianni Vernetti parla dei suoi “Dissidenti”

    Di Claudia De Benedetti

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    Cultura

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    Di Edoardo Amati

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    Cultura

    Effe di Figlie

    Di Davide Spagnoletto

    Una manciata di documenti e un’opera dubitativamente attribuita. Queste poche informazioni di solito non sarebbero sufficienti a tracciare la storia di un artista, eppure possono bastare a raccontarne alcuni dettagli che definiscono il suo modo di lavorare e di pensare. L’artista in questione è Moisè da Castellazzo, nato probabilmente a Cremona intorno al 1460, figlio del rabbino di origine tedesca…

    ISRAELE

    Gli israeliani sono felici? Ecco cosa dice il World Happiness Report

    Di Silvia Haia Antonucci

    Israele si classifica al nono posto tra i paesi più felici al mondo. A valutarlo il World Happiness Report, la pubblicazione annuale delle Nazioni Unite, prodotta in collaborazione con Sustainable Development Solution Network. In classifica lo Stato ebraico supera la Nuova Zelanda ma è battuto per un solo punto dalla Norvegia. Rispetto agli ultimi anni Israele ha migliorato la sua posizione:…

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    Cultura

    Le vie dell’Eden (Neri Pozza) di Eshkol Nevo

    Di Michelle Zarfati

    Tre storie, tre rocambolesche situazioni, tre narrazioni che insinuano nella psiche dei personaggi. È il nuovo atteso romanzo di Eshkol Nevo, Le vie dell’Eden (Neri Pozza). Così Nevo torna a scavare nei sentimenti umani e lo fa servendosi di tre racconti che, pur essendo distinti tra loro, si intrecciano come i rami di un Pardès, un frutteto, da cui prende…

    ISRAELE

    Sono 5mila gli immigrati arrivati in Israele nelle ultime tre settimane

    Di David Diredash

    Israele continua ad accogliere gli immigrati provenienti dall’Ucraina e dai Paesi limitrofi. Secondo i dati del ministero per l’Aliyah e per l’Integrazione dall’inizio dell’invasione russa, il 24 febbraio scorso, sono cinquemila le persone arrivate nello Stato ebraico nell’ambito dell’Operazione “Immigrants Come Home”, che prevede l’accoglienza di coloro che hanno diritto di fare l’aliyah secondo la “Legge del Ritorno”. Lo riporta…

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    EUROPA

    La fuga di Evgeny Pavlovskiy, sopravvissuto alla Shoah che viveva di fronte a Babyn Yar

    Di Luca Spizzichino

    Non aveva lasciato Kyiv dalla Seconda Guerra Mondiale, quando per scappare dalla furia nazista si nascose negli Urali russi. A 95 anni e completamente da solo, Evgeny Pavlovskiy è stato costretto a lasciare la sua casa vicino all’ingresso di Babyn Yar, luogo in cui i nazisti uccisero e seppellirono più di 33.000 ebrei in due giorni nel 1941. “Mio padre non…