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    Gerusalemme ha recentemente dedicato una piazza alla memoria di Chiune Sugihara, Netanya gli ha intitolato una via e nel Giardino dei Giusti di Padova un albero ricorda Chiune e Yukiko Sugihara. 

    Unico giapponese a essere stato insignito del titolo di Giusto tra le Nazioni da Yad Vashem, Sugihara è un personaggio per lo più sconosciuto, un eroe che non assolse l’ordine dei suoi superiori pur di salvare la vita di 3.000 ebrei, un uomo che ripeteva: “Anche se ho disobbedito al mio governo, non ho potuto disobbedire al mio Dio”.

    Nobuki, il suo quarto figlio, per i corsi e ricorsi della storia, ha studiato alla Hebrew University di Gerusalemme per intraprendere in Israele una attività nel settore dei diamanti.

    Chiune Sugihara era nato il primo gennaio del 1900 a Yaotsu, nella prefettura di Gifu. Dopo gli studi liceali aveva studiato letteratura inglese all’università di Waseda (Tokio). Fin da giovane era determinato a svolgere la carriera diplomatica, partecipò a un concorso e fu assunto dal Ministero degli Esteri. Da Vice Ministro degli Esteri permise al Giappone di acquistare una linea ferroviaria dall’Unione Sovietica. 

    Dopo una breve missione ad Helsinki, nel marzo del 1939 Sugihara fu inviato a Kaunas, allora capitale della Lituania. Qui il Giappone aveva deciso di aprire un Consolato, di cui Chiune Sugihara era il solo dipendente. Il primo settembre 1939 l’esercito di Hitler invase la Polonia e molti ebrei si rifugiarono in Lituania, la situazione peggiorò notevolmente con l’invasione sovietica della Lituania e l’ordine impartito dalle autorità sovietiche a tutte le ambasciate straniere di lasciare Kaunas, ma Chiune Sugihara chiese e ottenne una proroga di 20 giorni.

    Per gli ebrei l’unica possibilità di fuga era verso est, la meta erano due colonie olandesi, le isole di Curaçao e Guyana nel Mar dei Caraibi che non richiedevano un visto di ingresso formale, ma un permesso che il console onorario olandese aveva già legittimato. Per raggiungerle però, il console sovietico richiedeva anche un visto di transito dal Giappone. Chiune Sugihara chiese per tre volte l’autorizzazione al Ministero degli Esteri di Tokio e per tre volte gli fu negata. Dopo essersi consultato con la moglie, decisero insieme di disobbedire e di dare ascolto alla loro coscienza, pur sapendo che questa scelta avrebbe compromesso la carriera di lui e la vita stessa della famiglia. 

    Per 29 giorni Chiune e Yukiko Sugihara firmarono e registrarono permessi di transito: 300 visti al giorno e, una volta chiuso il consolato per ordine delle autorità sovietiche, prima dal salone dell’Hotel Metropolis, poi dalla stazione ferroviaria e infine anche dal treno in partenza per Berlino, continuarono a emettere documenti e a consegnarli a migliaia di ebrei che ancora speravano di riuscire ad andarsene. 

    Mentre il treno partiva, Sugihara diede il timbro del consolato in mano a un profugo che fu in grado di usarlo per salvare ancora altre vite. 6000 persone scamparono alla Shoah con questo sistema.

    Sugihara fu assegnato ad altri incarichi diplomatici in Europa. Fu catturato dai sovietici  in Romania verso la fine della guerra e costretto a scontare diciotto mesi in un campo di prigionia. Riuscì a tornare in patria solo nel 1946, ma già nel 1947 gli fu chiesto di dare le dimissioni dal Ministero degli Esteri. Negli anni successivi fece vari lavori, anche umili, per mantenere la famiglia. Dal 1960 al 1975 visse e lavorò in Unione Sovietica dove, per non farsi riconoscere, usò il nome di Sempo Sugihara. Morì a Kamakura il 31 luglio 1986.

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