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    Un gruppo di ricercatori ucraini ha rinvenuto un rifugio a Leopoli, dove vi era una fogna, in cui dozzine di ebrei si rifugiarono – in condizioni terribili – dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Come riportato dal Jerusalem Post, la squadra di studiosi ha iniziato l’esplorazione perché ispirata dalla visione del film “In Darkness”, pluripremiato dramma storico sulla sopravvivenza nelle fogne di Leopoli, presentato in Polonia agli Academy Awards 2012.

     

    I ricercatori volevano sia scoprire come delle persone fossero riuscite a vivere per mesi in un ambiente umido e infestato da malattie, sia documentare l’intera portata di una storia diventata famosa in tutto il mondo, perché simbolo della determinazione dei rifugiati a sopravvivere.

     

    «In estate, quando entrava la pioggia, c’era molta acqua ovunque – ha ricordato Krystyna Chiger in una testimonianza nel 1947, quando aveva 11 anni – Poi abbiamo dovuto appoggiarci molto in basso sulle pietre proprio accanto al muro, così che l’acqua non scorresse su di noi».

     

    Andriy Ryshtun, uno scavatore esperto che ha molta familiarità con il sistema fognario di Leopoli, aveva dei dubbi su quanto visto nel film. «Non ci sono posti dove le persone possono stare a lungo, perché l’acqua scorre ovunque» aveva riferito al sito d’informazione ucraino, Zaxid.

     

    Nel corso degli anni, i ricercatori si sono avventurati nella fogna diverse volte per cercare di avvalorare e concretizzare le testimonianze dei sopravvissuti, ma non avevano trovato nessun luogo che ritenessero potesse eguagliare lo spazio descritto. Poi, progredendo dai tombini descritti dai superstiti, gli archeologi avevano mappato metodicamente il sottosuolo per oltre un anno, a partire dal 2019, per arrivare infine alla scoperta di un deposito di acqua piovana.

     

    «Abbiamo trovato prove evidenti che le persone si nascondevano lì dai nazisti» ha detto Ryshtun, ricercatrice. Nel luogo c’erano bottiglie di birra del tempo dell’occupazione nazista, una torcia e dei chiodi conficcati nelle pietre per consentire agli oggetti di non toccare il pavimento umido. Sono state trovate anche prove di scavi pesanti: i rifugiati avevano spostato tonnellate di terra per nascondere il sito, nel caso in cui i tedeschi, che stavano scavando trincee nelle vicinanze, fossero riusciti ad entrare nei tunnel del sistema fognario.

     

    Di tutti i nascosti, solo venti sopravvissero alla guerra. I restanti morirono per le malattie contratte nelle fogne o perché catturati ed uccisi dai tedeschi dopo esserne usciti.

     

    «Un luogo molto umido e buio. Ero molto spaventata, tremavo, ma ho cercato di essere calma e ho chiesto a papà solo se avevamo ancora molta strada da fare – racconta Krystyna Chiger, nella testimonianza del 1947 – C’erano pietre con vermi gialli che strisciavano dappertutto. Abbiamo messo tutte le nostre cose sulle pietre e ci siamo seduti sopra. È stato terribile lì. L’acqua filtrava dalle pareti e aveva un cattivo odore. Ho visto grossi topi rossi che correvano da noi proprio come polli. All’inizio avevo molta paura, ma poi mi ci sono abituata».

     

    Quasi tutti i 110.000 ebrei che vivevano a Leopoli nel 1939 furono assassinati. Oggi la città ne conta solo poche centinaia. Gli oggetti recuperati dai ricercatori saranno esposti al Museo Ebraico della Galizia, presso la Fondazione di beneficenza ebraica all-ucraina, che sta valutando la possibilità di aprire ai visitatori il sito esplorato.

     

    Olga Lidovska, rappresentante della comunità ebraica di Leopoli e direttrice del museo, ha detto a Zaxid di essere commossa dalla scoperta. «I ricercatori hanno fatto l’incredibile, tali scoperte si verificano raramente in questi giorni – ha riferito – Hanno lavorato in condizioni difficili, facendo una scoperta molto preziosa.»

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