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    Prima di congedarsi dai figli d’Israele, come già aveva fatto il patriarca Ya’akòv, Moshè da’ la sua benedizione alle tribù d’Israele. La prima benedizione è per la tribù di Yehudà; seguono Levì, Binyamin e Yosef. La benedizione successiva è per le due tribù di Issakhàr e Zevulùn: “A Zevulùn disse: rallegrati Zevulùn quando esci [sui mari], e tu, Issakhàr, quando rimani nelle tue tende. Essi chiameranno al Monte [Sion] molti popoli e là offriranno i sacrifici comandati perché trarranno profitto dall’abbondanza del mare e dai tesoti nascosti nella sabbia” (Devarìm, 33:18-19).

    Il motivo per cui queste due tribù ricevettero insieme la benedizione di Mosè è spiegato da Rashì  (Troyes, 1040-1105): Zevulùn e Issakhàr avevano fatto una società. Zevulùn abitava sulla costa del Mare Mediterraneo [a nord del monte Carmelo] e viaggiava sui mari in cerca di opportunità commerciali. Poi condivideva i profitti con Issakhàr i cui membri studiavano Torà. Per questo motivo nel versetto Zevulùn precede Issakhàr, anche se Issakhàr era nato prima, perché lo studio della Torà di Issakhàr dipendeva dalla generosità’ di Zevulùn. Issakhàr ebbe molto successo nei suoi studi e i suoi saggi erano anche grandi esperi di matematica ed astronomia ed erano loro che stabilivano le date dei capi mese e gli anni embolismici. 

    R. Yitzchàk Abarbanel (Lisbona, 1437-1508, Venezia) offre un’altra spiegazione sul tipo di accordo tra Issakhàr e Zevulùn.  Zevulùn con le sue navi acquistava merci che importava in Eretz Israel.  I membri della tribù di Issakhàr venivano a prelevare le merci da Zevulùn, le portavano nelle loro tende e le vendevano ai clienti. 

    Quali erano le merci con le quali le due tribù si arricchivano? Rashì spiega che l’abbondanza del mare e i tesori nascosti nella sabbia erano il tonno (tarìt), il chilazòn (murex), il mollusco dal quale si produceva il prezioso colore blu del tekhèlet e il vetro prodotto dalle sabbie silicee delle costa di Eretz Israel. Inoltre grazie ai contatti commerciali, molti mercanti stranieri venivano da Zevulùn. Una volta arrivati lì dicevano: già che siamo venuti fino a qui andiamo anche a Gerusalemme per conoscere le caratteristiche della divinità di questa nazione. A Gerusalemme vedevano che gli israeliti servivano un solo Dio, si cibavano solo di cibi di un tipo [cascer]. La loro ammirazione faceva sì che molti di essi di convertissero. Per questo è detto: “La offriranno sacrifici comandati” come dovevano fare i proseliti dopo la conversione.        

    Zoe Josephs, nel suo articolo “Jewish Glassmakers” (1974), scrive che gli ebrei si occuparono di  produzione vetraria fina dai empi antichi. La fonte biblica che cita il vetro è nel libro di Giobbe, la cui composizione è attribuita a Moshè, ove è scritto: “Ma la sapienza da dove si trae? E il luogo dell’intelligenza dov’è? […]. Non la pareggia l’oro e il vetro (zekhukhìt), né si permuta con vasi di oro puro (Iyov, 28:12 e17). Plinio (Natural History, Loeb Classica Library, vol. XXXVI, p. 190) indica il territorio di Zevulun come la fonte dell’invenzione del vetro. Una delle tante testimonianze dell’antichità dell’uso del vetro presso gli ebrei la si trova nel Talmud babilonese (Shabbàt, 14b) dove è detto che R. Yosè ben Yo’èzer di Zeredà e R. Yosè ben Yochanàn di Yerushalaim, che vissero nel secondo secolo a.E.V.,  decretarono che gli oggetti di vetro sono soggetti a impurità. 

    Samuel Kurinsky, nel suo articolo “The Judaic Origin of Venetian Glass” cita il noto viaggiatore  Binyamìn di Tutela che visitò il Levante alla fine del XII secolo, nel periodo in cui  Venezia iniziò a importare vetro grezzo in grande quantità. Quest’ultimo  scrisse che “gli ebrei avevano le loro navi  e tra di loro vi sono fabbricanti di vetro che producono il vetro di Tiro in gran quantità che è apprezzato dappertutto”. L’arte vetraria fu un’altro contributo ebraico alla civiltà. E iniziò con Zevulùn. 

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