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    L’imponente cupola del Tempio Maggiore di Roma, con i suoi quarantasei metri di altezza, si è ormai guadagnata il suo posto di rilievo all’interno del panorama della città eterna. Dal 1904 osserva silente e maestosa le vicende di Roma. Una sinagoga simbolo di orgoglio patriottico e forte identità ebraica. Situata nel cuore del quartiere che è stato per secoli, ed è ancora oggi, la casa di una comunità presente a Roma dal tempo degli imperatori. Camminando per i vicoli stretti e caratteristici dell’ex ghetto, è impossibile non domandarsi come questa comunità sia riuscita a sopravvivere nella città del cristianesimo, fiera di secoli di presenza ininterrotta a Roma. Proprio in agosto, mentre la città si svuota questo quartiere si rivela, raccontando storie, aneddoti e leggende legate a questo mese, quasi involontariamente. Un quartiere, uno scrigno, in grado di trattenere con orgoglio e fierezza la storia e le tradizioni di questa millenaria comunità.

     

    Ed è casualmente proprio in estate che la storia degli ebrei di Roma subisce uno dei cambiamenti storico sociali più significativi di tutti i tempi; è il 14 luglio del 1555 e Papa Paolo IV Carafa, istituisce il “serraglio degli ebrei” con la sua, tristemente nota, bolla papale “Cum nimis absurdum” (“Essendo oltremodo assurdo”).  Con questa, venivano istituite una serie di regole che imponevano limitazioni alla vita sociale degli ebrei romani. Regole severe anche dal punto di vista fisico, obbligando la comunità ebraica di Roma a vivere all’interno di un piccolo quartiere di circa tre ettari al livello del Tevere. Strade strette e anguste, condizioni di vita complesse vedranno costretti gli ebrei di Roma a vivere nel ghetto fino al 1870.  Spesso però nell’immaginario collettivo il ghetto viene collegato all’idea di un quartiere delimitato da mura, così come in altri ghetti d’Italia e del resto di Europa, volti a dividere il resto della società dagli ebrei residenti nella prigione a cielo aperto del ghetto. Per quanto riguarda il ghetto di Roma, non vennero mai costruite mura, si usarono piuttosto le mura già presenti degli edifici. Il ghetto fu quindi caratterizzato dalla presenza di cancelli, noti anche come i “cancelli sull’acqua”, a causa della vicinanza del fiume Tevere. I lavori di costruzione dei cancelli del ghetto ebbero inizio il 26 luglio del 1555 e si protrassero fino al 1556. Nell’agosto del 1555, tra il caldo e l’Inquisizione, si lavorava dunque ai cancelli del ghetto di Roma, che dovevano essere inizialmente due, e diventarono successivamente tre, spiega Gabriella Yael Franzone, coordinatrice del dipartimento beni e attività culturali della CER. Uno dei cancelli era situato nella “Piazza Giudea” all’altezza dell’entrata dell’odierna scuola ebraica, l’altro situato in “Piazza di Pescaria” dunque all’altezza del Portico D’Ottavia. E l’ultimo a “Piazza quattro Capi”, la piazza che oggi divide il quartiere ebraico da Trastevere. “Si pensa ci fosse stato anche un varco che portava verso il fiume in quella che, al tempo del ghetto, era la cosiddetta “Piazza delle tre cannelle. Ad essere incaricato dal pontefice, dei lavori di costruzione dei cancelli del ghetto fu Sallustio Peruzzi” dice Franzone.

     

    Ciò che caratterizza il caldo agosto del 1555 fu proprio questo lavoro di disegno, e realizzazione dei cancelli del ghetto di Roma.

     

    Agosto sembra essere un mese particolare per la storia del ghetto, per più di un motivo. Approfondisce Yael Franzone, che “proprio nell’agosto del 1559, più precisamente l’undici agosto, la salute di Papa Paolo IV inizia a vacillare. Le sue condizioni vennero rese note, e così i romani, avendo appreso le condizioni di salute del Papa, subito fecero consiglio in Campidoglio. Lo scrive Vincenzo Bello, nel suo diario: “risolsero di scassar tutte le carceri”. Emanarono inoltre un decreto che aboliva tutti i busti in marmo del pontefice. Quando il 18 agosto del 1559 la notizia della morte di uno dei più severi pontefici di tutti i tempi sopraggiunse, la sua statua venne ufficialmente decapitata in Campidoglio. Non si tratta semplicemente di tumulti organizzati da ebrei, ma tutti i cittadini si rivoltarono contro un papa il cui dominio era stato severo e pesante”. Non solo per gli ebrei, dunque, costretti a vivere in un quartiere prigione in condizioni di vita misere, ma per molti cittadini romani.

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