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    Nel testo dei Dieci Comandamenti nella parashà di Vaetchanàn vi sono alcune differenze rispetto a quello nella parashàdi Yitrò

                Una delle differenze appare nella mitzvà di onorare i genitori. Nel testo della parashà di Yitrò è scritto: “Onora tuo padre e tua madre, affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che l’Eterno tuo Dio ti da” (Shemòt, 20:12).  

                Nel testo della parashà di Vaetchanàn è invece scritto: “Onora tuo padre e tua madre, come di ha comandato l’Eterno tuo Dio, affinché si prolunghino i tuoi giorni e tu abbia bene sulla terra che l’Eterno tuo Dio ti da” (Devarìm, 5:16). 

                Nel trattato Bavà Kamà (55a) del Talmud babilonese vi è un passo oscuro che ha dato da fare a un gran numero di commentatori: “R. Chaninà figlio di Aghil chiese a rabbi Chiyà figlio di Abba: Per quale motivo nel testo dei primi Dieci Comandamenti non vi è la parola “tov” (bene) e nel testo dei secondi Dieci Comandamenti vi è la parola “tov”? [R. Chiyà] rispose: prima che tu mi domandi  perché  [nel testo dei secondi Dieci Comandamenti] è scritta [la parola] “tov” devi chiedermi se la parola “tov” è lì scritta oppure no, perché io non so se la parola “tov” sia lì scritta oppure no. Vai dunque da rabbi Tanchùm figlio di Chanilai che frequentava rabbi Yehoshua’ figlio di Levi, che era esperto nella Aggadà  [cioè in argomenti diversi dalla Halakhà]. [R. Chaninà] Andò da lui e [rabbi Tanchùm] gli disse[…]: [Nel testo dei primi Dieci Comandamenti non è scritto “tov”] perché le prime tavole [con i Dieci Comandamenti] erano destinate ad essere rotte”. 

                R. Reuven Margolies (Lwow, 1889-1971, Tel Aviv) nel suo scritto intitolato “Nùsach ‘assèret ha-dibberròt ba-luchòt” (Il testo dei Dieci Comandamenti nelle tavole) fa notare l’apparente assurdità dell’affermazione di rabbi Chiyà che disse di non sapere se nel testo dei Dieci Comandamenti della nostra parashà era scritta la parola “tov” oppure no. A parte l’impossibilità che uno dei maestri del Talmud non conoscesse la Torà, non bastava che aprisse la pergamena per controllare se la parola “tov” era lì scritta? 

                Per chiarire questo dilemma rav Margolies suggerisce di analizzare se il testo delle tavole della legge che furono date a Moshè al Monte Sinai a Shavu’ot era uguale o differente da quello che Moshè ricevette con le seconde tavole nel giorno di Kippur. 

                La risposta di rabbi Tanchùm (“perché le prime tavole era destinate ad essere rotte”) si riferisce al motivo per cui la parola “tov” era scritta nelle seconde tavole e non se era scritta oppure no. Da questa risposta impariamo che nelle prime tavole era scritto il testo dei Dieci Comandamenti della parashà di Yitrò; nelle seconde tavole era scritto il testo dei Dieci Comandamenti della nostra parashà di Vaetchanàn.  

                Una prova di questa affermazione è nel Midràsh Lèkach Tov, chiamato anche Pesiktà Zutratà, (Ki Tissà, 34:1) dove in relazione al versetto: “L’Eterno disse a Moshè: Taglia due tavole di pietra uguali alle precedenti e scriverò su queste tavole le parole [“et hadevarìm” ] già nelle precedenti che tu ha spezzate”. In questo midràsh viene spiegato che la parola addizionale “et” allude al fatto che nel testo dei secondi Dieci Comandamenti scolpiti sulle tavole sarebbe stata aggiunta l’espressione “affinché tu abbia bene”. 

                Così l’equivoco è chiarito. Quando rabbi Chiyà disse che non sapeva se la parola “tov” era scritta nel testo dei Dieci Comandamenti che è scritto nella nostra parashà, intendeva il testo scolpito sulle tavole della legge e non quello scritto nella Torà.                    

                

    IDEE - PENSIERO EBRAICO

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