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    Il tribunale amministrativo federale di Lipsia ha recentemente preso un’importante decisione su un tema delicato quale quello dei beni espropriati agli ebrei durante il nazismo. Il caso in questione ha riguardato un’abitazione situata a Wandlitz, poco fuori Berlino. Oggi qua vivono una donna di 85 anni e suo figlio di 61: per i due sono previste varie tutele e la stessa Claims Conference – che si occuperà dell’immobile in mancanza di discendenti dei precedenti proprietari – ha dichiarato che si impegnerà a favorire il prosieguo del loro soggiorno in questa abitazione e successive sistemazioni.
    Questa proprietà fu venduta sotto costrizione dai proprietari ebrei nel 1939. La sentenza, pubblicata all’inizio di questo mese, ha rappresentato il punto di arrivo di un decennio di dispute legali. La tenuta di Wandlitz è probabilmente uno degli ultimi casi di restituzione di proprietà ad essere giudicato in Germania, poiché praticamente tutte le altre sono già passate attraverso il processo di restituzione. Inoltre, il termine per presentare reclami di proprietà è scaduto decenni fa.
    Il caso in questione è incentrato su una tenuta che negli anni ’30 funzionava come ritiro estivo per un orfanotrofio gestito da due donne ebree, Alice Donat e Helene Lindenbaum. Per conformarsi alle leggi naziste che espropriavano le ricchezze ebraiche, nel 1939 vendettero il terreno e la struttura a Felix Moegelin per 21.100 marchi, una cifra ritenuta bassissima anche all’epoca. Moegelin dovette firmare la dichiarazione in cui affermava di essere ariano, mentre le due donne dovettero certificare la loro ebraicità secondo le leggi di Norimberga del 1935. La casa originale fu demolita e infine sostituita, così Moegelin e la sua famiglia si stabilirono in Wegener Street. Donat e Lindenbaum furono deportate dai nazisti nel 1943 e uccise nei campi dei sterminio.
    Oggi la nipote di Moegelin, Gabriele Lieske, 85 anni, vive ancora nella casa con suo figlio Thomas Lieske, 61 anni. I due hanno puntato i piedi dopo che il tribunale aveva stabilito lo scorso anno che avrebbero dovuto rinunciare alla proprietà, il cui valore è oggi stimato in circa 1,6 milioni di dollari. Dopo la sentenza, la casa sarà posta sotto sequestro dallo Stato e trasferita alla Conferenza delle Rivendicazioni Ebraiche Rilevanti contro la Germania, la Claims Conference appunto.
    “Ho passato tutta la mia vita in questa casa e mi sono presa qui cura dei miei genitori”, ha detto Gabriele Lieske dopo la sentenza, riportano i media locali. Cercando un risarcimento, l’avvocato dei Lieskes, Raffael Nath, ha invocato una scappatoia legale che consentirebbe al governo tedesco di fornire un pagamento agli attuali proprietari. Gabriele Lieske ha raccontato che non ha mai ereditato la proprietà da sua madre, Luise Moegelin, Lieske l’avrebbe invece acquistata nel 1993 attraverso un accordo secondo cui avrebbe provveduto a prendersi cura della sua famiglia. Sua madre è morta nel 2012 all’età di 99 anni.
    Gideon Taylor, il presidente della Claims Conference, ha detto che l’attenzione dei media sul caso è stata mal riposta. “Questo è un principio di diritto stabilito da tempo, che è in vigore dalla fine della guerra. Una vendita forzata non è valida e ciò che è stato preso deve essere restituito. Non è chiaro se e quando i Lieske se ne andranno. Tuttavia, la Claims Conference si è offerta di lasciare che Gabriele Lieske rimanga come inquilina nella casa d’infanzia per il resto della sua vita. Siamo certamente disposti a trovare un accordo con la famiglia” ha detto Taylor.

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