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    ‘’Quando finivamo la scuola, andavamo a fare la ‘fojetta’’’. I ricordi di Ferruccio Sonnino z.l. dalle leggi razziali alla liberazione

    Ferruccio Sonnino z.l. ha dato molto alla Comunità. Nel 2011 ha concesso all’Archivio Storico un’intervista imperniata sulla sua frequenza ai Corsi Integrativi di Cultura Matematica, affiliati all’Institut Technique Supérieur di Friburgo, organizzati da Guido Castelnuovo, che è stata compresa nel volume Sapere ed essere nella Roma razzista. Gli ebrei nelle scuole e nell’università (1938-1943) pubblicato con Gangemi Editore, nella collana “Roma ebraica” dell’Archivio, dalla sottoscritta insieme a Giuliana Piperno Beer Paserman z.l.

    Ferruccio ricorda che “i professori erano grandi professori, di fama mondiale, i migliori che ci fossero sulla piazza in Italia. Supino insegnava a Bologna; il Bisconcini aveva scritto dei libri di matematica per le medie. Lucaroni ci ha dato lezioni di antifascismo: quando finivamo la scuola, che stava in Trastevere, andavamo a fare la ‘fojetta’, io non bevevo, prendevo una gazzosa, e lui ci dava lezioni di comunismo, di marxismo. Era un uomo eccezionale, finiva i suoi discorsi dicendo: ‘Ma guardate, non illudetevi, questi, i comunisti, vogliono cacciare quelli per mettersi solo al loro posto’. È morto in condizioni poverissime; era di una onestà incredibile. Poi c’era il Cacciapuoti che è stato Rettore della Normale di Pisa, era professore di Fisica, era famoso. C’era l’Enriques che venne a farci lezione di Storia della matematica, era una materia che a me interessava moltissimo. Per la Geometria e la Meccanica c’era Castelnuovo con Lucaroni e Bisconcini, per la Chimica c’era la Piazza.

    Facemmo due anni con tutti gli esami del biennio che furono poi riconosciuti dall’Università di Roma.

    A scuola c’era un’atmosfera particolare, era una élite. Queste persone che sono andate alla Lateranense, alla Gregoriana o a Friburgo era tutta gente di qualità, che poi ha fatto carriera, chi andava al liceo già era un’élite. Era una società stratificata, giusta o ingiusta che sia, certamente ingiusta, insomma era una piramide. Oggi non c’è più la piramide, abbiamo un cubo.

    Con l’8 settembre per me è finito tutto, poi mi sono laureato in Legge 10 anni dopo. 

    Accadevano cose stranissime, per esempio io davo delle lezioni per campare, da quando stavo al liceo, di latino, di greco, a due antifascisti che stavano morendo di fame, e quindi dovevano prendere un ‘titolino’ per entrare nella Milizia: era assurdo che degli antifascisti entrassero nella Milizia! E poi sono morti tutti e due alle Fosse Ardeatine. 

    Dopo l’8 settembre sono fuggito nelle campagne, noi siamo usciti di casa subito, 3 o 4 giorni dopo. Mia sorella Elena lavorava come volontaria alla Delasem (Delegazione di Assistenza agli Emigrati Ebrei, organizzazione attiva durante la Seconda guerra mondiale, nda) con Sorani e ci ha buttato fuori di casa ‘a calci’, siamo andati in campagna, a Olevano Romano, ci hanno dato tutti i giorni da mangiare i contadini. Al contadino che mi nascondevagli ho detto: ‘Tu hai letto i bandi che ti fucilano?’, e lui: ‘Non saccio leggere’.”

    Un interessante e colorito spaccato della vita di un uomo che è stato una colonna portante della Comunità ebraica di Roma. Sia il suo ricordo di benedizione.

    Foto ASCER scattata durante una riunione al Circolo Weizman (1965), dal quale, nel 1974, nacque il Centro di Cultura.

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