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    ROMA EBRAICA

    Addio a Silvana Ajò. Dalla libreria ebraica al volontariato. Una vita dedicata alla memoria

    Se ne è andata Silvana Ajò, aveva quasi 97 anni. Testimone delle persecuzioni nazifasciste, è stata una delle colonne della Comunità Ebraica di Roma.

    Nata a Roma nel 1927, quando furono promulgate le leggi razziali, era più che adolescente. A causa delle persecuzioni fasciste fu costretta ad abbandonare gli studi presso il liceo Giulio Cesare di Roma ed entrò in clandestinità trovando ospitalità presso l’appartamento di un cliente del negozio del padre. La sorella della mamma con i suoi figli, che vivevano a Torino, vennero deportati ad Auschwitz, ma Silvana ne ebbe notizia soltanto dopo molto tempo.

    Finita la guerra lavorò per diversi anni da Menorah, l’allora libreria ebraica della comunità, oggi Kiryat Sefer. È stata inoltre una storica volontaria della Fondazione Museo della Shoah di Roma, dove è stata considerata da tutti un esempio. “Silvana è stata tra le prime volontarie ad aver aderito” ricorda il presidente della Fondazione Mario Venezia a Shalom. “Aveva un impatto notevole sui visitatori” ha aggiunto Venezia, che ha ricordato la grande umanità e il senso dello humor di Silvana Ajò.

    “Era una donna molto colta e che non si lasciava impressionare da niente, mantenendo fede a quello chepensava” ha sottolineato lo storico della Shoah Marcello Pezzetti, che ha lavorato a stretto contatto con Ajò. “Il ruolo di Silvana in Fondazione è stato assolutamente primario, fondamentale, soprattutto durante le mostre sulle leggi antiebraiche” ha detto Pezzetti, ricordando come tra i documenti e fotografie esposte ci fossero il suo diario, scritto durante l’occupazione, e una sua fotografia da piccola.

    Anche Silvia Haia Antonucci, Responsabile dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino”, ha ricordato il periodo in cui Silvana lavorava presso la libreria ebraica. “Lei era sempre così frizzante, intratteneva i clienti con episodi della sua vita” ha affermato Antonucci. “Nella mia mente lei era eterna, ora che non c’è più sento un grande vuoto” ha concluso.

     

     

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