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    Al Bet Michael i volontari del GEV ricordano Dan Uzan, ucciso nell’attentato di Copenaghen 

    Un abbraccio che si è stretto attorno alla famiglia di un volontario ucciso dal terrorismo, perché “Dan Uzan era uno di noi”. Al Tempio Bet Michael di Roma ieri il Gruppo Ebrei Volontari (GEV) ha ospitato la famiglia di Dan Uzan, il volontario di sicurezza della Sinagoga principale di Copenaghen, che il 15 febbraio 2015 perse la vita in un attentato compiuto dal ventenne danese di origini giordano-palestinesi, Omar Abdel Hamid El-Hussein. 

    Quel terribile giorno, grazie al suo coraggio, Dan Uzan riuscì ad impedire una strage all’interno del Tempio, che si era riempito in occasione di un Bat Mitzvà – la maggiore età religiosa – della correligionaria Hannah Bentov. Sacrificando la propria vita, salvò quella di tutti i presenti. “Un ragazzo solare e protettivo – lo ricorda commossa la sorella, Andrea, che è intervenuta all’evento – conosciuto da tutto il quartiere ed apprezzato per la sua bontà”.

    Dan nei ricordi dei famigliari incarna gentilezza racchiusa in un gigante buono dall’altezza di due metri, uno sportivo attivo nel calcio e nel basket. Passioni che lo spinsero a partecipare per cinque volte alle Maccabiadi, l’evento sportivo internazionale ebraico. Negli occhi di molti, sono ancora impressi i numerosi palloni da Basket poggiati ai piedi della Sinagoga insieme a centinaia di fiori portati dai residenti subito dopo l’attacco. Il volontariato di Dan Uzan inizia a soli 16 anni, mosso dall’ideale di proteggere la comunità ebraica ed il tempio, nella speranza di un futuro senza pericoli per gli ebrei di tutto il mondo. 

    “Un orgoglio avere qui la famiglia di Dan, in un Tempio dedicato a Stefano Tachè – ha detto Riccardo Pacifici, ex Presidente CER – l’ebraismo è fatto di preghiere e valori, ma nulla sarebbe possibile senza la sicurezza dei volontari”. 

    Quello del volontariato è “un gesto di responsabilità e coraggio – ha detto Noemi Dei Segni, Presidente dell’ Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – ma soprattutto di generosità”. La dedizione verso il prossimo ed il senso di appartenenza ad una comunità. Spesso è un’attività sottovalutata, che invece racchiude un forte spirito di coesione e solidarietà. “L’importante per un ebreo volontario – ha detto Sergio Mordechai Uzan, il padre di Dan – non è ricevere, ma dare”. 

    La storia di Dan Uzan ricorda al mondo intero che l’odio antisemita è ancora vivo, che non si è estinto. Rammenta, invece, ad ogni ebreo la necessità di contribuire, incondizionatamente, alla propria comunità, nella salvaguardia delle sue istituzioni. “Chiunque permetta ai propri fratelli ebrei di pregare in sicurezza – ha spiegato Rav Roberto Colombo, in una breve lezione tenutasi dopo la tefillà – fa in modo che il Signore D-o sia all’interno del tempio”. La perdita di Dan Uzan insegna molto, dall’amore illimitato verso il proprio popolo, alla difesa della vita. Ma soprattutto, Dan Uzan “ci ha dimostrato che all’odio cieco e barbaro dei terroristi si contrappone l’amore e l’altruismo”, ha detto il Presidente GEV Giacomo Zarfati.

    Infine, il GEV ed il Maccabi hanno donato una targa alla famiglia Uzan in ricordo di Dan: “Il suo sacrificio non sarà mai dimenticato, un esempio per tutti i giovani ebrei. Indimenticabile ed indimenticato eroe del popolo d’Israele. Possa la sua memoria essere di benedizione”. 

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