
C’è voluto quasi un decennio, ma nell’ultimo mese le serrature dell’Antico Caffè Greco, in via Condotti, sono tornate nelle mani del legittimo proprietario: l’Ospedale Israelitico di Roma. Un momento atteso, per senso di giustizia e responsabilità. Dopo otto anni di battaglie legali, rinvii e sospensioni, l’esecuzione dello sfratto ha restituito al bene storico il destino che gli appartiene: essere un patrimonio al servizio dell’ente ebraico e della comunità. Dietro la vicenda, non c’è solo la fine di una gestione contestata, ma il riconoscimento del principio che tutela i beni donati all’Ospedale Israelitico con uno scopo preciso: sostenere le cure e l’assistenza ai pazienti. È questa la missione che da sempre accompagna l’istituzione e che oggi torna a guidare anche il futuro del celebre locale di via Condotti, secondo caffè più antico d’Italia.
Quando il fabbro ha cambiato la serratura, la scena non è apparsa come una chiusura, ma come un passaggio necessario. All’interno, i velluti consunti e le pareti spoglie hanno restituito un’immagine malinconica ma sincera: quella di un luogo che ha bisogno di rinascere. Le opere rimosse dai vecchi gestori, sottoposte a sequestro penale e tutelate dal Ministero dei Beni Culturali, torneranno al loro posto, a testimoniare la storia e il valore artistico del Caffè.
“La riapertura del Caffè Greco è un impegno primario” dichiara il Commissario straordinario Antonio Maria Leozappa, che ha seguito personalmente le operazioni che hanno portato allo sfratto, “lo dobbiamo alla Città di Roma ed è essenziale per il rilancio dell’Ospedale secondo il piano concordatario”.
Per il Presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, si tratta di “un risultato importante e per nulla scontato”, considerando le pressioni esercitate in questi anni per impedirlo. “La CER ha compiti principalmente di nomina e vigilanza rispetto all’Ospedale. La situazione ereditata quando mi sono insediato come presidente era pesante e ho deciso di informare gli iscritti CER per trasparenza. Fin dall’inizio ci siamo impegnati con forza e determinazione ad accompagnare il risanamento e il rilancio dell’OI, anche ricorrendo a competenze di livello. Il rientro in possesso del Caffè Greco è uno dei risultati che abbiamo ottenuto”. Ma il rilascio dei locali, per quanto necessario, non basta. “Il nostro Ospedale, l’unico ebraico in Europa e con una storia di oltre cinque secoli, è una struttura d’eccellenza che purtroppo ha attraversato negli anni molteplici vicissitudini giudiziarie fino al 2023”. “Vogliamo – aggiunge il presidente Fadlun – che continui a essere un punto di riferimento per la cittadinanza di Roma e oltre. Siamo riusciti a farci riconoscere dalla Regione un extra-budget di 7 milioni e mezzo diventati strutturali. Ma la scelta fondamentale è stata il commissariamento e il piano concordatario. Se non l’avessimo fatto, anche alla luce della recente sentenza sfavorevole nel contenzioso con l’Inps per circa 40 milioni di euro più interessi, oggi l’Ospedale sarebbe in condizioni ormai insostenibili. Solo la prospettiva del piano concordatario rende invece ancora possibile il salvataggio”.
Per il Caffè Greco, si sta valutando di indire una gara con procedura pubblica e massima trasparenza, con l’obiettivo di selezionare un gestore capace di coniugare qualità, sostenibilità e rispetto per la storia del Caffè, facendo prevalere la competenza gestionale e la massima offerta economica.
Il “ritorno a casa” dell’Antico Caffè Greco rappresenta così un tassello importante nel percorso di risanamento dell’OI, impegnato nel concordato preventivo e nella valorizzazione del proprio patrimonio. Un segnale di ordine, legalità e buona amministrazione: principi che, come nella medicina, servono a curare prima di tutto la fiducia dei cittadini. Roma, che da secoli ha fatto del Caffè Greco uno dei suoi salotti più illustri, può ora sperare di vederlo tornare a nuova vita.













