Skip to main content

Ultimo numero Settembre – Ottobre 2025

Scarica il Lunario

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    ROMA EBRAICA

    I giorni di festa macchiati dall’odio: il ricordo al Tempio Maggiore

    Sheminì Atzeret, la festività che conclude Succot e che precede Simchà Torà, è stata il filo conduttore che ha raccolto centinaia di persone al Tempio Maggiore di Roma per momenti di profondo coinvolgimento emotivo. Il riferimento è stato ai due tristi anniversari che ricorrono in questa data ebraica, quello del 5743, il 9 ottobre 1982, e quello del 5784, il 7 ottobre 2023. Queste date evocano due dei momenti più dolorosi della storia ebraica recente: la prima, l’attentato terroristico di matrice palestinese allo stesso Tempio Maggiore, che uccise il piccolo Stefano Gaj Taché e ferì 43 persone; la seconda, il pogrom perpetrato da Hamas nel sud di Israele, con l’uccisione di 1200 persone e il rapimento di 251 ostaggi, di cui oggi molti ancora prigionieri nei tunnel della Striscia di Gaza. Al dolore per questi anniversari si è poi affiancata l’ostilità antiebraica delle manifestazioni di questi giorni, senza però dimenticare la forza, la resilienza e i valori che animano Israele e il popolo ebraico.

    Alla commemorazione erano presenti la famiglia di Stefano Gaj Tachè insieme alla madre e allo zio di Shani Gabay, uccisa il 7 ottobre al Nova Festival.

    A moderare l’iniziativa è stato Maurizio Molinari, editorialista di Repubblica, presente all’attentato del 9 ottobre 1982: “Mi è rimasto scolpito nella mente il sorriso che mostrava il terrorista mentre ci gettava contro quell’oggetto di morte. Chi uccide gli ebrei prova piacere: il passato e il presente di chi ci odia è la convinzione di purificare il mondo” ha detto nel suo discorso di apertura.

    Un clima d’odio che ci riguarda ancora oggi, come ha riportato anche il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun: “Siamo contornati da bugie e slogan che istigano alla violenza e negano la verità, con la distinzione strumentale tra antisemitismo e antisionismo. Ma noi non restituiamo odio: rispondiamo con resilienza e orgoglio della nostra identità ebraica. Dopo queste due ferite che ci riguardano da vicino, Israele così come questa Comunità continua a vivere. L’odio toglie, la memoria restituisce”.

    È intervenuto anche l’ambasciatore d’Israele presso la santa sede, Yaron Zeidman, che ha fatto riferimento all’attentato alla sinagoga di Manchester avvenuto la mattina dello scorso 2 ottobre in cui sono stati uccisi Adrian Daulbye Melvin Cravitz. Zeidman ha commentato, “L’ultimo Yom Kippur abbiamo ricevuto un promemoria che quelli che ci odiano aspettano il momento giusto per colpirci”, e così è stato anche nelle tragiche date del 9 e del 7 ottobre.

    La parola è passata a Gadiel Gaj Tachè, fratello di Stefano e ferito dell’attentato del 1982, che ha da subito affermato la propria vicinanza alla famiglia di Shani Gabay, con la voce di chi conosce bene quel dolore. “Il fatto che ci sia chi definisce il 7 Ottobre un atto di resistenza è una cosa vergognosa – ha commentato Taché, commosso nel prendere la parola – Non sa cosa sia il terrorismo, cosa significhi vivere una vita di ferite aperte e di paura. Perdere una persona cara uccisa barbaramente è come un buco nero, una stanza dalla quale non esci più”.

    In seguito, Molinari ha intervistato lo zio e la madre di Shani, che hanno raccontato la straziante storia della sua perdita: la disperazione di sua madre al telefono con lei il mattino successivo al Nova Festival, il padre che tentava invano di raggiungerla, le ricerche e le testimonianze raccolte assieme ad altre famiglie con dei figli dispersi, le preghiere alla tomba del Rebbe, e infine il funerale.
    La famiglia Gabay non ha raccontato solo la perdita, ma anche la vita: Shani aveva venticinque anni. Aveva una sorella, Nitzan, e un fratello, Aviel. Si era laureata in giurisprudenza. Non voleva rimandare nulla al giorno dopo. Era solare. Faceva amicizia con tutti. Stava diventando più religiosa. Aveva un cane ed era un’amante degli animali. Sosteneva l’ambiente. La vita di una ragazza che si è interrotta per il semplice fatto di essere ebrea.

    A concludere, l’intervento del rabbino capo di Roma Rav Riccardo Di Segni, che ha affermato: “Di solito in una commemorazione si ricorda la tempesta passata, ma qui siamo in mezzo alla tempesta e non sappiamo come andrà a finire”. Ha ricordato dunque i vari registri su cui si combatte il conflitto in corso e il bisogno di interrogarci su cosa dovremmo fare.

    La commemorazione si è chiusa con l’intonazione dell’hatikvà. Mentre la gente si allontana, riecheggia ancora il dolore, ma soprattutto quell’impellente bisogno di affermare: il 7 ottobre e il 9 ottobre non devono ripetersi mai più.

    CONDIVIDI SU: