
I nomi vengono scanditi uno per uno mentre centinaia di persone percorrono le strade del quartiere ebraico. È la camminata silenziosa, organizzata come ogni anno da Elvira Di Cave, Daniel Di Porto, Elio Limentani in occasione della data simbolo della Shoah per gli ebrei di Roma.
Dal 2010, infatti, questa iniziativa raccoglie la Comunità Ebraica di Roma per ricordare il rastrellamento del 16 ottobre 1943 degli ebrei della Capitale. Quel giorno, 1022 persone, tra uomini, donne, bambini furono catturati in ogni quartiere della città per poi essere deportati nei campi di sterminio. Altre centinaia subirono la stessa sorte nei mesi successivi, durante l’occupazione nazista.
In questi ultimi anni, però, la commemorazione ha assunto un valore superiore: l’attacco terroristico di Hamas il 7 ottobre 2023 e la successiva ondata di antisemitismo che nei successivi due anni ha travolto l’Europa, Italia inclusa, ha rinnovato gli spunti di riflessioni, lo spirito di resilienza, i motivi di coesione e il rafforzamento dell’identità ebraica.
A leggere i nomi dei deportati nelle strade del quartiere ebraico si sono alternate varie voci, tra cui diversi giovani, a testimonianza del passaggio generazionale della memoria. In testa al corteo, tra gli altri, il sopravvissuto ad Auschwitz Sami Modiano e l’editorialista de La Repubblica Maurizio Molinari.
Compiuto il percorso, la la cerimonia al Tempio Maggiore. Il pensiero di tutti è andato anche agli altri anniversari di questo periodo, l’attentato al Tempio Maggiore del 9 ottobre 1982 e il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, oltre che alle difficoltà attuali.
“L’emozione è più forte degli altri anni: dobbiamo stringerci tra noi, perché finché siamo uniti non ci toglieranno la nostra identità” ha sottolineato Elvira Di Cave a Shalom. Un messaggio che fa eco alle parole pronunciate da Maurizio Molinari, il cui discorso si è snodato proprio attorno al concetto di identità: “Al ricordo del 16, del 9 e del 7 ottobre rispondono la forza dei sopravvissuti e la resilienza di un popolo intero” ha affermato, aggiungendo che a ognuna di queste date corrispondeva una festività ebraica: “L’intento era quello di travolgere la nostra identità, di cancellarci dalla storia. Ma anche nei momenti più bui l’identità ebraica non si è spezzata”, l’aspirazione alla vita del popolo ebraico è sempre stata più forte dello spirito di morte e distruzione. La novità dell’antisemitismo attuale è che ha investito ogni ebreo in ogni posto del mondo, ma l’altra novità è che gli ebrei stessi non si sono piegati, ha aggiunto Molinari.
Una riflessione sull’anniversario del 16 ottobre alla luce dell’attualità è stata sviluppata anche dal Rabbino Capo di Roma Rav Riccardo Di Segni: “Quello che accade in questi anni trasforma il senso della nostra memoria” ha commentato nel suo discorso, sottolineando il senso di intolleranza spesso sviluppato nei confronti degli ebrei che non abbiano accettato di essere vittime.
“Non è solo un rito della memoria, ma una testimonianza dolorosa – ha evidenziato il Vicepresidente della Comunità di Roma Alex Luzon – Non sono frasi vaghe, visto il risorgere dell’antisemitismo. Camminiamo affinché la memoria non resti solo sui libri di storia”.
A chiudere gli interventi, il discorso di Sami Modiano, che ha partecipato al corteo dall’inizio alla fine. “Finché D. mi darà la forza continuerò e prendervi parte” ha detto a Shalom, ribadendo il suo senso di appartenenza alla comunità romana che lo ha “adottato” e di cui si sente parte sin dai tempi in cui ha stretto amicizia con Piero Terracina e Settimio Limentani. Ha poi rinnovato il suo impegno nella trasmissione della memoria, stringendosi proprio ai giovani della scuola ebraica che hanno concluso le celebrazioni intonando le melodie di Anì Maamin e l’Hatiqwa: una prova tangibile del coinvolgimento trasversale della comunità e del passaggio generazionale della memoria.