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    La compagnia Betulot – L’assistenza alle donne bisognose nel ghetto di Roma

    Nella Ketubbah, il contratto matrimoniale ebraico, sono riportati i doveri del marito verso la moglie. Alcuni aspetti di tale atto possono forse oggi far sorridere, ma se riflettiamo sul fatto che vi è l’ipotesi che la sua origine risalga al tempo di Mosè (mentre la sua forma moderna probabilmente è stata elaborata nel II sec a.e.v. dal Sinedrio diretto da R. Simon ben Shetah), ci si rende conto che si tratta di un documento importante che dimostra come l’ebraismo abbia sempre cercato di tutelare la donna. Così come nel mondo cristiano, anche in quello ebraico, tra il XVI e il XIX secolo vi erano le confraternite – anche chiamate compagnie, congreghe o, in ebraico, chevrot – che si occupavano degli indigenti, e alcune di esse erano dedicate alle necessità delle donne. L’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER) “Giancarlo Spizzichino” conserva la documentazione delle confraternite operanti nell’Urbe: durante il riordino della documentazione ne sono state individuate 35 (all’interno del ghetto, nel corso del XVII e XVIII secolo, ne sono attestate più di 40, su un totale di circa 5mila abitanti). A quei tempi lo scopo fondamentale nella vita di una donna era contrarre un buon matrimonio, ma per ottenere ciò, era indispensabile avere una dote. Per questo fu creata la compagnia Betulot, in ebraico “Vergini”, detta anche Compagnia delle Zitelle, il cui compito era fornire doti alle ragazze povere. In ASCER vi è un registro di tale confraternita (b. 1O17, Copia degli istromenti dotali per le povere zitelle dell’Università degli Ebrei di Roma) che comprende vari atti dotali dal 20 settembre 1683 al 17 dicembre 1698: la dote era consegnata ai mariti delle fanciulle ed era quindi depositata alla Tesoreria; tale somma dava frutti di cui poteva disporre il marito mentre, così come stabilito nelle Ketubbot, sarebbe stata restituita alla moglie in caso di divorzio o decesso del coniuge. Vi erano poi altre compagnie che, nel ghetto di Roma, assistevano le donne occupandosi di fornire camicie (Neve Shalom, in ebraico “Abitacolo di pace” e, in particolare per le vedove, Lev Almanot Arniim, in ebraico “I consolatori del cuore delle vedove”), dell’istruzione religiosa (Ez Haim, in ebraico “Albero della vita”, fondata nel 1745, si dedicava alle bambine dai 3 anni e mezzo agli 8), di prestare supporto religioso e pratico in caso di matrimonio e parto (Orach Chaim, in ebraico “Strada della vita”, fondata nel 1750, istruiva all’osservanza dei rituali relativi alla purità familiare all’interno del rapporto di coppia; Maghiscè Michà, in ebraico “Invitano alle preghiere”, assisteva alla preghiera in occasione di matrimoni; Mechassè Jeladim, in ebraico “Ricopre i bambini”, fondata nel 1726, forniva corredi; Misgav Ledach, in ebraico “Ospedale per i malati”, si occupava delle partorienti), di prestare assistenza religiosa nel caso in cui la donna partorisse un bambino (EliauHaNavì, in ebraico “Eliau il Profeta”, recitava preghiere la sera prima della circoncisione, offriva la sedia d’onore e, inoltre, distribuiva annualmente piccole doti a ragazze povere; Baale’ Berith, in ebraico “Signori del Patto”, detta anche Compagnia delli Compari, fondata nel 1843, forniva per la cerimonia della circoncisione, i padrini, il circoncisore, i medicinali e organizzava una piccola festa). A Roma è nota anche un’altra compagnia, della quale però ancora non si è ancora trovato materiale in ASCER, detta Nashim, in ebraico “Donne”, la cui attività è attestata nel 1617, che si occupava dei bisogni delle donne, compreso il bagno rituale.

    Dunque, nel periodo del ghetto a Roma è attestata una importante rete di assistenza dedicata alle donne indigenti, infatti, nel Talmud è scritto che bisogna fare molta attenzione a non far piangere una donna perché Dio conta le sue lacrime in quanto la donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai piedi perché dovesse essere calpestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco, per essere uguale; un po’ più in basso del braccio, per essere protetta; dal lato del cuore, per essere amata.

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