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    ROMA EBRAICA

    La nostra lotta senza sosta all’antisemitismo

    L’antisemitismo non è mai lo stesso, eppure è sempre identico: cambia la maschera, non il bersaglio. Oggi veste i panni dell’odio in rete, delle intimidazioni nelle scuole e nelle università, dei boicottaggi spacciati per impegno sociale, della falsa equidistanza e del ribaltamento dei ruoli tra vittima e carnefice. Ma la logica resta la stessa: colpire gli ebrei, denigrare Israele, negarne la legittimità. Isolarci nel dibattito pubblico. Di fronte a tutto questo, non basta l’indignazione.
    La lotta senza sosta all’antisemitismo è una responsabilità collettiva e individuale. Tutti dobbiamo essere vigili. Tutti dobbiamo combatterlo facendo in primo luogo cultura, promuovendo i nostri valori, le nostre idee, la nostra etica di ebrei.
    Il primo obiettivo è quello di proteggere la nostra Comunità, e questo lo si fa con lucidità e senza clamore. Il 27 gennaio siamo stati noi – la CER – a ottenere con la nostra azione il divieto delle manifestazioni antisemite nel Giorno della Memoria in tutta Italia. Perché non abbiamo solo protestato e condannato, come era doveroso, ma abbiamo costruito una collaborazione costante con le istituzioni.
    La protezione delle sinagoghe e delle scuole non si garantisce con un post sui social, ma attraverso un lavoro quotidiano di coordinamento con le autorità e le forze dell’ordine, attraverso il monitoraggio dei rischi e una rete istituzionale solida. È questo il lavoro invisibile che tiene in piedi la nostra sicurezza, insieme alla dedizione e all’impegno dei nostri volontari e professionali. Quanto alla buona comunicazione, è la comunicazione efficace: deve servire a smascherare, condannare, togliere ossigeno agli antisemiti. Non a regalargli visibilità.
    L’antisemitismo si presenta oggi con il volto ipocrita del pacifismo e dell’impegno sociale. Ma dietro ogni appello al boicottaggio di Israele si nasconde un’unica pulsione: cancellare la presenza ebraica, ridurre la nostra voce, spezzare i legami con lo Stato ebraico. Contro di noi è in atto una campagna ideologica razzista, la stessa che ha prodotto la mozione per il boicottaggio di Israele nel Consiglio comunale di Napoli, mentre la nostra è una battaglia di verità.
    Chi dà del “genocida” a Israele, oppure invita provocatoriamente gli ebrei a “uscire dal Ghetto”, non esprime un’opinione estrema: fa solo disinformazione, scaglia le parole come fossero pietre. Si inserisce in un solco di odio antiebraico.
    Chi paragona Israele al nazismo non sta manifestando dissenso. Sta perpetrando l’odio razzista, travestito da coscienza civile. Lo fanno i leader di regimi che vogliono cancellare lo Stato ebraico “dal fiume al mare”, gli pseudoartisti che nelle fermate dell’autobus a Roma montano pannelli ignobili, gli opinionisti da salotto che giudicano la guerra con arroganza e superficialità. L’antisemitismo si camuffa, oggi, da antisionismo. Una rappresentazione deformata e grottesca del Sionismo ne diffama il valore morale e storico. Ma è puro e semplice antisemitismo.
    Israele ha il diritto, e il dovere, di difendere i propri cittadini. Dire questo non è una concessione. È una responsabilità che ci assumiamo come ebrei. E continueremo a dirlo, anche quando non conviene. Anche quando costa. Perché ogni volta che Israele viene attaccato sul piano morale, ogni ebreo è delegittimato nel suo stesso diritto di esistere.
    Siamo ebrei italiani, siamo gli ebrei di Roma, e non dobbiamo certo giustificare, tradurre o attenuare il nostro legame con Israele.
    Chi ci denigra non merita una risposta diretta: lo legittimeremmo soltanto. L’antisemitismo si combatte anzitutto con strumenti concreti: le leggi, le denunce, la pressione istituzionale, quella comunicativa… Chi minaccia gli ebrei, chi trasforma le nostre scuole in luoghi di esclusione, chi incita all’odio in rete, non dev’essere confutato ma individuato, isolato, perseguito, fermato.
    Siamo forti con gli antisemiti se restiamo uniti. Perché la forza con cui ci presentiamo all’esterno dipende da come stiamo insieme dentro. Per questo, oggi più che mai, serve una Comunità unita. Non unanimemente d’accordo, ma compatta nell’essenziale. Dove le differenze si affrontano, non si strumentalizzano. E per essere forti e uniti, deve essere forte e unita la CER. Una macchina semplice, efficiente, aperta. Dove tutti possano controllare. E va protetto il patrimonio,per generare valore da tradurre in Hesed, perché nessuno venga lasciato indietro.
    Rafforzeremo i legami con Erez Israel, non con dichiarazioni rituali ma con iniziative concrete. Perché difendere Israele significa difendere il diritto di ogni ebreo a vivere senza timori. Chi ci vuole divisi ci vuole deboli. Chi ci vuole silenziosi ci vuole remissivi. Chi ci vuole invisibili ci vuole irrilevanti. Agli antisemiti di qualsiasi colore ribatteremo colpo su colpo. Risponderemo con la nostra presenza, la nostra denuncia, la nostra azione.
    Con la rivendicazione orgogliosa della nostra identità ebraica.

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