
Nasce l’“Assessorato al Ritorno”, assegnato a Huani Mimun, già Assessore alla kasherut e referente del Tempio Or Yehuda. Si tratta di un provvedimento fortemente voluto dalla dirigenza della Comunità Ebraica di Roma, come spiega a Shalom il Presidente Victor Fadlun: «La scelta di creare l’Assessorato al Ritorno risponde all’obiettivo centrale del nostro mandato: il rilancio della CER, la ragione per la quale gli ebrei di Roma hanno dato fiducia al gruppo che oggi governa la comunità. Negli ultimi anni si era diffusa una narrativa che noi vogliamo contrastare con tutti i mezzi: l’idea di un inesorabile declino e ridimensionamento della Comunità ebraica di Roma, accompagnato all’inverno demografico. Il rilancio delle istituzioni comunitarie, delle scuole ebraiche e il supporto per chiunque abbia una motivazione a “tornare” in comunità dopo essersene distanziato per diverse ragioni, o a rafforzare il proprio impegno al servizio della kheillà è al centro delle nostre attenzioni, come della nostra attività di governo. Noi siamo convinti che sia un imperativo morale e una naturale predisposizione dell’anima ebraica essere positivi, propositivi, attivi, fattuali, ottimisti, soprattutto nel momento in cui il contesto nazionale e internazionale e la recrudescenza di un antisemitismo ignobile e antico ci accerchiano e minacciano. Ma noi siamo più forti di tutto questo, e determinati a lottare per difendere e potenziare la nostra presenza e la nostra identità. Per questo ringrazio una persona straordinaria come Huani Mimun per avere accettato, con la generosità e la passione che tutti gli riconoscono, un assessorato che considero fondamentale». Sul tema abbiamo intervistato l’Assessore Huani Mimun.
Perché si è sentita questa esigenza di creare un “Assessorato al ritorno”?
Questa iniziativa è nata per contrastare un fenomeno diffuso non solo a Roma di allontanamento dalla Comunità maturato per diverse ragioni, economiche, ideologiche o per scontri contingenti. È un fenomeno più ampio di quanto si possa pensare e con significative conseguenze, sia per i singoli che per la stessa Comunità.
Cosa significa “Assessorato al ritorno”?
Il termine “ritorno” deriva dal concetto ebraico di teshuvà, che significa “pentimento” e ha radice in “shuv”, appunto “ritornare”. Come gli ebrei hanno il diritto al ritorno in Israele, così tutti dovrebbero avere l’opportunità per fare ritorno nella propria comunità. Ho visto molte persone allontanarsi o cancellare la propria iscrizione, con conseguenze a catena su tutta la famiglia e la perdita progressiva di origini e tradizioni. Con l’apertura di questo assessorato vogliamo dire che siamo pronti a ricevere chiunque e ad analizzare le cause di ogni allontanamento.
A quanto stimate che ammonti il potenziale degli ebrei romani a cui rivolgersi?
Le persone che si sono cancellate o mai iscritte alla comunità dovrebbero essere circa 1000-1200, ossia il 10% circa degli iscritti attuali. Poi vi sono coloro che pur essendo formalmente iscritti non hanno un legame effettivo. Per gli uni e per gli altri ci impegniamo ad analizzare ogni caso singolarmente, con un approccio empatico, per favorire il reintegro e far sentire ognuno a proprio agio.
Quali sono le ragioni di questi allontanamenti e le relative conseguenze?
Le cause possono essere economiche o personali. Capita che chi abbia difficoltà economiche per vergogna non chieda aiuto, preferendo allontanarsi anziché ammettere un problema, persino a scapito dell’istruzione ebraica dei figli. Altre volte, l’allontanamento può essere dovuto a scelte di vita, come relazioni con non ebrei, percependo le richieste comunitarie di adesione alle regole come imposizione. Chiaramente non entriamo in merito al discorso delle conversioni in una comunità ortodossa come quella di Roma, ma vogliamo ascoltare e analizzare la parte psicologica. Ogni allontanamento di un ebreo dalla Comunità è come un figlio che si vergogna a tornare dal padre, portando forti conseguenze per tutta la famiglia.
Oltre alla riforma dei tributi, quali strategie adotterete per riavvicinare queste persone?
La nostra strategia è incentrata sul rapporto umano, componente che rappresenta la parte più importante. Cerchiamo di comprendere la parte psicologica. Molti covano malumore e aspettano un primo passo dalla Comunità. Il ruolo dell’Assessorato al Ritorno è quello di un filtro: si offre un canale diretto e discreto con l’assessore, anche telefonico, per analizzare il caso con tatto. Siamo pronti ad accogliere, abbracciare e analizzare le cause dell’allontanamento. L’ascolto è fondamentale, poiché chi si allontana soffre.
Come pensate di raggiungere le persone che si sono allontanate e che di fatto non sono facilmente raggiungibili?
Alcuni mantengono un certo tipo di legame, come ad esempio la frequentazione della sinagoga. Negli altri casi invece lavoriamo sulla componente umana, sulle conoscenze personali. Mi è capitato di contattare persone uscite dalla CER da anni, e ho scoperto che la causa risiedeva in malintesi con chi rappresentava la comunità. L’approccio deve essere familiare, come un padre verso il figlio. Il ritorno sarà inoltre facilitato dal fatto che non si deve più passare dall’ufficio tributi per pratiche come il Bar/Bat Mitzvah dei figli.
Quali obiettivi vi ponete da qui a 4 anni, quando scadrà il mandato di questo Consiglio?
L’obiettivo primario è aggiornare l’anagrafica della comunità. Promuoveremo l’Assessorato al Ritorno su ogni mezzo, anche sullo stesso Shalom, fornendo un numero di telefono per contatti sicuri. Vogliamo reintegrare sia gli adulti che le nuove generazioni, rendendo l’azione anche un investimento a lungo termine per il futuro della Comunità.