
Pubblichiamo di seguito l’intervista a Victor Fadlun, candidato presidente della lista Dor Va Dor
Quali sono le sfide più urgenti che la CER deve affrontare?
Difendere Israele sempre e ovunque, senza ambiguità. E rafforzare le strutture comunitarie. Abbiamo avviato il salvataggio dell’Ospedale Israelitico, rilanciato la scuola e incrementato le risorse per i servizi agli iscritti. Il patrimonio della Comunità, ampiamente sottostimato, deve rendere di più per finanziare il welfare o Hesed, che ha un significato più profondo, di giustizia. È urgente aggregare Deputazione e Casa di Riposo in CER, e creare una struttura professionale retribuita selezionata in base al merito, che affianchi i volontari. In questo modo, la Comunità sarà gestita secondo regole e principi di buona amministrazione, indipendentemente da chi la guiderà, Presidente e Giunta.
Valori, principi, ideali: cosa è che accomuna i candidati della vostra lista e che vi distingue dalle altre liste?
Fatti, non parole. Ci unisce una visione: una Comunità accogliente, aperta, efficiente, che ascolta e protegge i più fragili. Radicata nella tradizione, ma capace di adattarsi con intelligenza. Sosteniamo la natalità con assegni per nuovi nati e matrimoni, contro l’inverno demografico. Supporteremo presso le istituzioni tutte le categorie rappresentate nella Comunità come ambulanti, urtisti, tassisti, ristoratori, medici, commercianti. Non cerchiamo visibilità, ma un mandato forte per completare il lavoro iniziato.
Oggi affrontiamo una recrudescenza di antisemitismo e di tentativo di delegittimare Israele. Quali misure e quale profilo deve adottare una comunità in questo scenario?
Il profilo della realtà. Israele si difende con le azioni. Abbiamo promosso manifestazioni, ospitato familiari dei rapiti, fatto hasbarà. E insisteremo, con fermezza istituzionale e investimenti identitari. Contro l’antisemitismo servono generazioni capaci e consapevoli. Una rete stabile con istituzioni, media e mondo ebraico internazionale. Non basta parlare: bisogna essere ascoltati. E noi lo siamo stati.
Scuola, movimenti, famiglie e giovani: in un’epoca di grandi incertezze, come investire sul futuro?
La scuola è il cuore. Abbiamo raccolto 22,5 milioni dai donatori per rinnovarla e ottenuto in assegnazione per 50 anni il palazzo in via S. Ambrogio. Puntiamo al raddoppio delle borse di studio annuali con nuove fondazioni. Vogliamo attrarre più studenti, rafforzare l’identità, abbattere i costi, e frequentazione gratuita per chi ne ha bisogno. Puntiamo a gratificare la qualità dei docenti con mezzi adeguati: potenziamento di laboratori e spazi e centralità della formazione. Investire sui giovani è l’unica strategia che ha futuro. Lo faremo anche con strutture sportive e stringendo la rete internazionale e i rapporti con Israele. Crediamo molto nel progetto “Dopo di noi” per le famiglie con persone disabili e nel nuovo polo alle Palme, dove anziani e ragazzi potranno condividere vita ed esperienze in centri ricreativi attrezzati.
Come valorizzare il patrimonio della CER attraverso una gestione trasparente, sostenibile, proficua?
Con regole chiare, persone competenti e giustizia contributiva. Vogliamo selezionare con bando i professionisti che affiancheranno e coordineranno i volontari. Le Batè Ha-Kenesiot diventeranno la CER sul campo, presìdi concreti del Hesed. Proponiamo la riduzione graduale dei tributi, la regolarizzazione delle pendenze, il diritto di voto garantito a tutti, e l’abolizione della riscossione tramite Gerit. Le Mizvot si fanno col sorriso, non con la forza. Ma valorizzare significa anche investire nei luoghi simbolo come il Tempio Maggiore e il Museo Ebraico, per i quali abbiamo ottenuto i finanziamenti necessari al restauro, all’acustica e al raddoppio degli spazi.
Quali sono le competenze più forti che avete voluto mettere in gioco nella vostra lista?
Abbiamo formato una squadra vera, non un elenco di nomi. Nessuno ha posizioni di rendita da difendere. Non siamo un gruppo di interesse, ma rappresentiamo tutta la Comunità. Ci sono professionisti, operatori sociali, esperti di bilancio, giuristi, medici, imprenditori, insegnanti. Nessuno ha conflitti di interesse. La nostra forza è la varietà, ma anche l’unità. Chi guida deve unire, non dividere.
Se dovesse essere eletto presidente, come immagina la comunità tra 4 anni, al termine del mandato del prossimo consiglio?
Una Comunità che funziona, accoglie e rispetta. Dove ogni euro è verificabile, ogni voce ascoltata, ogni decisione spiegata. Una Comunità che non abbia mai più un euro di debiti, ma solidità e reputazione. Dove la politica è servizio, non ambizione. Dove identità ebraica e vita collettiva sono intrecciate ogni giorno. Se riusciremo a costruire questo, lo avremo fatto tutti insieme. E sarà una casa in cui varrà la pena continuare a esserci con orgoglio. E con gioia.