
Nelle ore immediatamente successive al grave atto vandalico contro la sinagoga di Monteverde, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato al presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun, esprimendo «solidarietà e vicinanza» in quella che ha definito «una ferita per tutta la Repubblica».
Una chiamata che Fadlun ha accolto come un segnale decisivo. «Mi ha fatto un enorme piacere ricevere la telefonata del presidente Mattarella in un giorno così doloroso. Tutta la Comunità gli è grata. Lui è la nostra luce, la nostra guida», ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera, ricordando il legame profondo tra il Capo dello Stato e la memoria del piccolo Stefano Taché. «Il presidente Mattarella lo ricordò nel giorno stesso del suo insediamento al Quirinale. Disse: “Il nostro Paese ha pagato, più volte, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché. Aveva solo 2 anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”. Mattarella ha sempre avuto una grande sensibilità per certi temi: la sua stessa famiglia è stata vittima della violenza e conosce il dolore che si prova».
Intanto, sulla vicenda si è mossa la magistratura. La Procura di Roma è in attesa di una prima informativa della Digos su quanto avvenuto alla sinagoga Beth Michael di Villa Pamphilj, nel quartiere Monteverde Vecchio: sulle mura esterne sono comparse scritte come “Palestina Libera”, mentre la targa dedicata a Stefano Gaj Taché è stata imbrattata con vernice nera. I pm di piazzale Clodio, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi, procedono con l’ipotesi di reato di danneggiamento aggravato dall’odio razziale.
Rievocando la violenza dell’atto, Fadlun ha denunciato come il gesto non sia isolato ma parte di un clima che si sta deteriorando: «Il Comune di Roma, e ringrazio il sindaco Gualtieri, ha provveduto subito a ripulire la targa, ma l’oltraggio vile non si cancella con un colpo di straccio. L’antisemitismo oggi è diventato uno strumento di contestazione politica. Come se gli ebrei di questo Paese non fossero più italiani».
Nell’intervista al Corriere, Fadlun lancia anche un messaggio alla politica: «Mi sarei aspettato una telefonata da quei politici che non ci hanno mai chiamato. Certa politica invece si è rivelata assente». Un’assenza che contrasta con la tempestività delle istituzioni: oltre a Mattarella, hanno contattato il presidente della Comunità anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello dell’Interno Matteo Piantedosi.
Le reazioni politiche sono state immediate. Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha definito l’accaduto un «gesto infame», ricordando che colpire un luogo di culto e profanare la memoria di un bambino vittima del terrorismo è «un atto gravissimo che mira a incrinare il rispetto che tiene unita la nostra comunità civica». Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato di «uno spregevole atto di antisemitismo», mentre il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha ribadito che «contrastare l’odio è un dovere». Un messaggio unanime è arrivato anche dai vicepremier: Tajani ha invocato la necessità di fermare «la spirale dell’odio antiebraico», mentre Matteo Salvini ha ricordato che «in Italia non c’è spazio per l’antisemitismo». Condanna anche dall’opposizione: la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno (Pd), ha chiesto «una risposta ferma contro un antisemitismo che sta diventando sistemico».












