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    Teatro guidaico-romanesco: si ride e si pensa

    di Patrizia Gelli

    Si avvicinano alle maschere della Commedia dell’arte questi
    personaggi che passano da un titolo all’altro nella produzione, ormai quasi ventennale,
    della Compagnia amatoriale diretta da Alberto Pavoncello.

    La piece è stata accolta calorosamente dal pubblico in sala
    che si è divertito a guardare, dal di fuori, la vita di una famiglia che
    assomiglia a tante altre, con pregi e difetti e soprattutto con problematiche
    vicine a quelle di chiunque. I vecchi, inutili e petulanti, chiusi nei loro
    rituali quotidiani ma ancora autosufficienti, sono vissuti come una “zavorra”
    dal resto della famiglia. E’ così in molti casi perché l’affetto non è un
    sentimento compatto ma è, da sempre, pieno di crepe nelle quali si insinuano brandelli
    di egoismo e di miseria morale, e il teatro è pieno di questa umanità in fondo
    dolente. Oggi tutto è più stridente perché la famiglia non è più quella clanica
    che, nel bene e nel male, aveva in sé le risorse per accogliere. Oggi, in
    città, con gli impegni lavorativi e con i problemi quotidiani, i giovani non
    trovano spazio per l’accudimento e la comprensione dei loro vecchi dunque si rivolgono,
    magari “obtorto collo”, alle strutture pubbliche o private in grado operare in
    vece loro.

    Questa tematica è il punto nodale della commedia che si
    rintraccia nelle pieghe della scrittura sensibile ed ironica dalla quale emerge
    anche altro: la ludopatia nata dalla noia, l’impianto truffaldino di alcune
    Case di riposo strutturate appositamente a fini di lucro e disposte a speculare
    senza nessuno scrupolo, gli acquisti via internet oramai alla portata di tutti
    e molto altro di cui si sente spesso parlare nelle cronache di “nera”. Il tutto
    modulato in un armonico giudaico-romanesco che rappresenta una pennellata di
    colore per tutti coloro che amano le Lingue che testimoniano una tradizione.

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