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    Fernanda Wittgens: la storia di una donna che per amore dell’arte sfidò i nazisti

    Fernanda Wittgens è diventata ormai un simbolo, una donna che non si tirò indietro davanti alle angherie nazifasciste, che fino alla fine cercò di combattere. Non fu soltanto la prima direttrice della Pinacoteca di Brera nel 1941, o l’artefice del salvataggio di  numerose opere d’arte che rischiavano di essere distrutte e depredate durante la guerra, ma riuscì anche a salvare la vita di molti ebrei facendoli fuggire oltre i confini italiani. In onda su Rai 1 il film “Fernanda” interpretata da Matilde Gioli, e diretto da Maurizio Zaccaro, una pellicola che cerca di riscostruire le gesta di quella donna durante gli anni terribili del secondo conflitto mondiale. L’amore per l’arte, l’estrema umanità e soprattutto il coraggio fecero della Wittgens una donna esemplare.

     

    Nacque a Milano il 3 aprile 1903 da un padre docente di lettere. Si laureò in Lettere presso l’Accademia scientifico-letteraria di Milano scrivendo una tesi sulla storia dell’arte, materia che la portò ad insegnare in alcuni licei milanesi. A partire dal 1933 assunse il ruolo di ispettrice di Brera guidata da Ettore Modigliani, che divenne a tutti gli effetti il suo mentore.  Nel 1935 Modigliani venne accusato di essere antifascista e arrestato;  venne poi nel 1938 allontanato dall’incarico in quanto ebreo. Il 1941 è l’anno che cambia le sorti e che portò Fernanda Wittgens a diventare la prima donna a dirigere la Pinacoteca di Brera. Con lucidità e spirito di abnegazione questa femminista ante litteram fece per l’amore dell’arte gesti di cui nessuno era capace in quegli anni. Allo scoppio della guerra mise in piedi una vera task force per mettere al sicuro numerose opere d’arte sui cui incombeva la minaccia di essere di distrutte per mano nazista. I capolavori vennero imballati e nascosti in alcuni luoghi sicuri tra cui la banca Cariplo. Tuttavia, dopo i bombardamenti del 1943 le opere furono nuovamente spostate. Wittgens non le lasciò mai, salì sui mezzi di trasporto assieme alle opere, tra loro c’erano capolavori dal calibro dello Sposalizio della Vergine di Raffaello. Da lì i tesori vennero trasferiti tra la provincia Perugia e di Orvieto. Nell’agosto 1943 l’avanzata angloamericana era al suo culmine e infatti furono distrutte 26 sale di Brera.  Nel 1944 venne arrestata a causa di una delazione, condotta nel carcere di San Vittore e condannata a scontare quattro anni di carcere a causa delle sue gesta, ma la Liberazione dell’Italia fece sì che la donna non scontò mai la sua pena.

     

    Una volta terminata la guerra assieme ad Ettore Modigliani, cercò di ricostruire la Pinacoteca che riaprì ufficialmente nel 1950. Ma Fernanda non si arrese, voleva di più, doveva far si che l’arte tornasse a risplendere e i musei a rivestire quell’antico e fondamentale valore sociale. Per questo divenne, sempre nel 1950 Soprintendente alle Gallerie della Lombardia mobilitandosi per far ricostruire il Museo della Scala e del Poldi Pezzoli. Il suo costante lavoro e la sua determinazione vennero riconosciuti tantoché la donna ricevette la medaglia d’oro del Comune di Milano, la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica, e venne nominata Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica. Morì nel capoluogo lombardo l’11 luglio 1957, ma continuò a rivestire per tutti gli amanti dell’arte il ruolo della coraggiosa salvatrice, che non permise alle tenebre della guerra di annullare la bellezza dell’arte.

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