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    Storia di ebrei, storia italiana

    Il volume di Germano Maifreda (Italya, Storie di Ebrei, storia italiana, Bari –Roma, Laterza, 2021) denuncia, sin dal titolo, la volontà di contrastare la costruzione storiografica di due “storie parallele”: quella degli ebrei a quella generale.

    A tal proposito, l’autore si propone di evidenziare l’importanza del ruolo ricoperto dagli ebrei “nella costruzione della storica del presente italiano” e di come le vicende di questi consentano di comprendere la storia d’Italia da un diverso punto d’osservazione rispetto a quello tradizionale cristiano ed eurocentrico. Per fare ciò, suggerisce, tra l’altro, di uscire dai parametri della storia dell’antisemitismo per comprende come gli ebrei abbiano contrattato sistematicamente, con alterne fortune, la propria posizione all’interno delle diverse realtà italiane nel corso dei secoli. Tale fenomeno ha riguardato sia i rapporti di carattere “verticale”, ovvero riguardanti le altre gerarchie laiche e religiose, sia le relazioni di tipo “orizzontale” con la popolazione cristiana nel suo complesso. Tali relazioni hanno interessato non solo gli ambiti lavorativi ma anche quelli amicali e, in talune circostanze, addirittura sentimentali.

    Secondo Maifreda questo ha determinato un’influenza reciproca fra le collettività e una costante ridefinizione identitaria. Per dimostrare ciò prende in esame alcuni casi studio come quello di Venezia, dove la collettività ebraica, fina dal tardo Medioevo, fu ben introdotta all’interno di ambienti economici e politici locali; neppure l’istituzione del Ghetto del 1516 determinò il declino di questa comunità come, ad esempio, accade a quella romana. Venezia in piena Controriforma ospitava non solo sinagoghe ma anche una moschea, testimonianza di come il Meltin’Pot fosse un fattore determinate per la crescita economica della città. A questo tipo d’integrazione si associavano forme, sia pure sporadiche, di assimilazione, di unioni miste tra ebrei cristiani nonostante tutti i divieti dell’epoca; frequenti, inoltre, erano le occasioni in cui gli ebrei, nonostante le proibizioni, uscivano dal ghetto anche nelle ore serali.

    Una realtà altrettanto interessante è il caso del Ducato di Ferrara perché il patto di fedeltà nei confronti della Signoria estense consentiva agli ebrei di muoversi sul territorio e stabilirsi in alcune località e sviluppare attività molto articolate, non solo quelle relative al credito su pegno. Gli ebrei espulsi dalla Spagna ebbero un ruolo di notevole importanza per loro capacità finanziarie ed economiche, per le loro estese relazioni che consentivano di concorrere anche alla crescita delle economie atlantiche.

    Dal XVI secolo si registra la nascita delle moderne comunità; a Roma, ad esempio, nel 1524 l’Universitas Hebraeorum Urbis, fu un modello ripreso da altre collettività ebraiche. La città rappresenta un vero e proprio laboratorio per capire i passaggi dal Rinascimento e l’Era dei ghetti. Come sottolinea Maifreda, l’Età rinascimentale fu il culmine dell’inserimento in Italia in diversi settori della società coeva. Tuttavia, la Controriforma modificò i rapporti tra ebrei e cristiani in senso deteriore. Fu l’inizio di un lungo declino. Ciò nonostante, in quest’arco cronologico possiamo osservare fenomeni importanti come l’affermazione del rabbinato, la crescita del prestigio del Rav non solo in termini strettamente cultuali ma più in generale dal punto di vista politico e sociale. Contestualmente, Maifreda pone l’accento sullo sviluppo del sistema delle confraternite, importante anche in termini di affermazione dei membri laici della comunità romana, i quali attraverso queste strutture riuscivano a garantire supporto cultuale e materiale ai ceti meno abbienti.

    L’autore rileva, tra l’altro, come il tutto si giochi in una società cristiana e pontificia in particolare che considerava gli ebrei deicidi ma essenziali come retaggio. A Roma tutto questo concorse a una presenza ebraica di lungo periodo non riscontrabile in altri luoghi d’Europa.

    Un altro stereotipo che Maifreda intende combattere è l’idea dell’isolamento delle comunità ove, diversamente, la documentazione mostra una costante dialettica con le realtà cristiane più disperate cui si associava una mobilità territoriale che garantiva rapporti matrimoniali e relazioni economiche fra ebrei di diverse collettività che erano spesso stanziali e non “erranti”.

    L’autore individua anche nell’idea della passività degli ebrei di fronte alle persecuzioni un errore di valutazione che non tiene conto di come la nascita dell’ebreo di corte sia stato assai efficace nella contrattazione della posizione degli ebrei in diverse aree d’Italia e non solo. Tutto questo non negando le rivolte antiebraiche che scoppiarono in diverse circostanze, come nel caso delle Crociate dei secoli XI e XII oppure durante l’epidemia della peste 1347 1348 e in altri momenti di crisi in cui l’ebreo che era riconosciuto come capro espiatorio, la causa di tutti i mali. In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi funzionò quella che Maifreda definisce la “diplomazia ebraica”.

    In tal senso, gli ebrei di Mantova sono gli sono un esempio di come gli ebrei riuscirono non solo a garantire una presenza economica ma anche culturale fino alla metà del Quattrocento, quando le predicazioni dei francescani modificarono radicalmente la posizione degli ebrei, anche se, in generale, la condizione questi, fino termine dell’Età moderna, fu migliore rispetto a quella di molte altre località d’Europa.

    L’Età dei Lumi, la rivoluzione americana, quella francese e i moti liberali produssero effetti straordinari e contraddittori all’interno della società europea e nelle comunità ebraiche coeve (ad esempio, come nei precoci casi di Milano e Torino). In effetti, l’autore mostra come in quest’arco cronologico vi fosse la preoccupazione da parte di molti per la perdita d’identità ebraica a causa di un’eccessiva secolarizzazione. Il Risorgimento e la fase post risorgimentale determinarono la perdita di forza politica da parte delle comunità come istituzioni e la sostituzione dell’identità ebraica con altre come, ad esempio, quella politica. Contestualmente, la crescita dell’antisemitismo di matrice moderna giocò un ruolo chiave nella nascita del sionismo moderno.

    Dunque, l’Età contemporanea ci pone di fronte un’apparente contraddizione: l’assimilazione degli ebrei e la crescita dell’antisemitismo fino alla tragedia della Shoah.

    In conclusione, pur non trattando i decenni che vanno dalla fine del secondo conflitto mondiale a oggi, il testo analizza alcuni degli aspetti più importanti del dibattito storiografico con uno stile adatto anche a un pubblico non formato da soli specialisti.

     

    L’autore Germano Maifreda, assieme a Loretta Cavaricci e Serena Di Nepi, sarà ospite di Ebraica – Festival Internazionale di Cultura domani, giovedì 17 giugno, alle 18,30.

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