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    Il circolo vizioso dell’estremismo palestinese

    Dei sondaggi ci si può fidare fino a un certo punto, soprattutto se interessano risultati precisi al decimale, come nelle previsioni di voto. Spesso infatti il campione è ristretto e l’incertezza statistica  di conseguenza è alta; inoltre gli intervistati spesso rispondono un po’ a casaccio, se proprio non mentono. Ma sui grandi orientamenti dell’opinione pubblica  spesso le informazioni dei sondaggi sono significative, soprattutto se confrontati con le risposte precedenti alle stesse domande. E’ il caso di una inchiesta pubblicata qualche giorno fa dai giornali israeliani (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/269092) in cui veniva fuori fra l’altro che solo il 42% degli abitanti di Giudea, Samnaria e Gaza desidera la soluzione a due stati e il 56% si oppone, ancora meno la considera concretamente praticabile ( 63% di no e 34% di sì). Quanto ai rapporti fra Autorità Palestinese e Israele, il 37% favorisce “la lotta armata contro l’occupazione israeliana” (cioè il terrorismo), ed erano il 34% tre mesi fa;  il 32% “un accordo di pace” (il 36% tre mesi fa); e il 10% una “resistenza non violenta”. Il risultato più impressionante è che il 61% degli intervistati (l’80% a Gaza) ha detto di approvare l’attacco terrorista che il mese scorso ha ucciso a colpi di bomba la diciassettenne Rina Schnerb e ferito padre e fratello, durante una passeggiata in campagna. Spesso e giustamente si rimprovera all’Autorità Palestinese di non fare nulla per la pace e di incitare invece al terrorismo, esaltando i colpevoli e pagando stipendi agli assassini catturati. Il problema però non è solo dei vertici politici palestinisti, investe anche una base popolare fanatizzata  proprio dall’incitamento continuo propalato a scuola, sui media, nella politica. E’ un circolo vizioso: i leader indottrinano il popolo, che appoggia leader estremisti. Il risultato è che la pace è impossibile e il terrorismo continua, indipendentemente dalle azioni di Israele. Un conflitto del genere non può essere risolto da Israele né politicamente né militarmente, ma solo gestito cercando di minimizzarlo e attendendo un mutamento profondo nella società araba locale, di cui purtroppo i segni sono scarsi.

     

    Ugo Volli

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